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Désirée Colapietro Petrini Se chiudi gli occhi e ...

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Non è un caso che Pascal Vicedomini, in occasione della sesta edizione del suo festival ischitano, abbia voluto consegnare proprio a Giancarlo Giannini l'Ischia Legend Award. Nella splendida cornice dei giardini di Poseidon a Forio, l'altra sera, il versatile attore è stato premiato dal regista e sceneggiatore Paul Haggis, Chairman del Global Film & Music Fest, e dal ministro delle Attività Culturali Sandro Bondi che, arrivato sull'isola con il sottosegretario Claudio Velardi, ha manifestato una grande gioia nei confronti di un appuntamento culturale come quello voluto ed organizzato da Vicedomini cui ha riconosciuto la grande ed unica capacità di avere «costruito un ponte tra il cinema italiano, americano e di tutto il mondo». «Sono convinto - ha detto Bondi - che in un Paese come il nostro la cultura sia il giusto strumento per rinnovare e rendere migliore la società. Siamo fieri di contribuire in questo modo a dare dell'Italia l'immagine di un Paese fatto di persone che lottano in questa direzione. L'arte non salverà il mondo, ma ci consente di essere migliori. Questo straordinario festival e festa del cinema di Ischia è la dimostrazione che Napoli non è solo spazzatura». «Credo nell'arte e nella cultura e voglio pensare almeno stanotte, in un posto meraviglioso come questo, che insieme lo possono salvare - ha risposto Franco Nero -. Quando mi chiedono cos'è il cinema rispondo sempre che è per me come una grande città dove vivono persone di diverso colore e razza, ognuno con la sua casa e i suoi sogni. Cinema è libertà e nei Paesi dove non c'è libertà, non c'è cinema». E Giancarlo Giannini ha concluso: «Il cinema è un sogno e Ischia è il posto migliore per sognare». Elegante, disponibile e carismatico, l'attore è un gentiluomo d'altri tempi. È sufficiente incrociare il suo sguardo per il tempo di un'intervista per capire come quegli occhi magnetici e profondi, all'occasione astuti e cattivi sul set, abbiano fatto innamorare il pubblico femminile di mezzo mondo, regalando alla storia del cinema pagine memorabili tra cui l'indimenticabile interpretazione di "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto" di Lina Wertmuller in coppia con una superba Mariangela Melato. Per questa grande città piena di sogni cui lei ha dedicato quasi 50 anni della sua vita, ha realizzato oltre 130 film e una sola regia. Come mai, dopo l'esperienza di "Ternosecco" nel 1987, non è più tornato dietro la macchina da presa? «All'epoca trovai il mio sceneggiatore, Lino Jannuzzi, una grande mente. In tutti questi anni mi sono state proposte delle regie ma ho deciso di aspettare la storia giusta. Stavolta penso davvero di averla trovata. Farò un film tratto da un'idea originale. Le riprese sono previste per il prossimo anno. Dobbiamo aspettare anche per una questione di temperature: gireremo in Italia, ma anche in Canada e in Arizona». Di tutti i film che ha fatto, ce ne è uno cui è particolarmente legato? «Ce ne sono tanti. Ma se dovessi salvarne qualcuno, salverei il film "Storia d'amore e d'anarchia». Direttore di recitazione alla Scuola nazionale di cinema del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma. Mi risulta che lei abbia inserito nel programma didattico una curiosa materia: "fantasia e gioia". «Sì, ma la chiamerei piuttosto "umanistica fantasia". Mi piace insegnare il gioco, il divertimento, il piacere liberatorio e quello della vita. La gioia e la fantasia, per chi fa o vuol fare questo mestiere, sono la prima cosa». Si deve a lei anche l'inserimento della scherma? «Sì, esatto. Oltre alla scherma, ci sono anche danza, mimica, canto, dizione, educazione della voce, movimento scenico, doppiaggio. I ragazzi del corso devono conoscere tutto del cinema: l'immagine, ma anche il senso della luce, il montaggio, la scenografia, i costumi. Ecco perché li faccio parlare con gli altri docenti, da Giuseppe Rotunno a Piero Tosi. Quando ho iniziato ad insegnare ho dato ai ragazzi del primo anno delle piccole telecamere perché si riprendessero tra loro. È importante prendere confidenza con il mezzo. Pensi che un grande maestro russo aveva l'abitudine di salutare la macchina da presa. La guardava e diceva: "Ehi, ciao, come stai?"». Il premio Oscar Paul Haggis si è detto onorato di consegnare il premio ad una leggenda del cinema come lei, per cui ha scritto appositamente il personaggio di René Mathis che abbiamo conosciuto in "Casino Royale" e che ritroveremo nel prossimo 007, "Quantum of Solace": chi sono invece per Giancarlo Giannini le leggende della settima arte? «Ce ne sono tantissimi, difficile nominarli tutti. Potrei dire Federico Fellini, Stanley Kubrick, Akira Kurosawa. Ma anche John Houston, Charlie Chaplin, Buster Keaton, Francio Ford Coppola, Sofia Loren, Monica Vitti ed altri ancora. Amo tutto il cinema di fantasia, quello in grado di portare sullo schermo delle storie che a raccontarle sembrano banali e che invece sono meravigliose. Non sono per i personaggi realistici anche se, a volte, me ne hanno addossato qualcuno. Mi viene da pensare, ad esempio, a "Mimì metallurgico ferito nell'onore". Gli hanno dato del siciliano, in realtà parlava un siciliano inventato». C'è un libro che ha letto e del quale vedrebbe la trasposizione cinematografica? «Vede, non sono uno con la storia nel cassetto. Prendo le cose come vengono. Il mestiere che faccio, quello dell'attore, non è centrale alla mia vita. È un aspetto divertente che faccio con serietà. Non sono un attore ma gioco a farlo. Sono una persona estremamente curiosa. Se lei pensa che nasco come elettronico industriale» Cosa la incuriosisce? «Tutto della vita. Posso stare ad osservare a lungo una formica così come una foglia. Ha mai pensato quante foglie ci sono e che sono tutte diverse tra di loro?». Come vede il futuro del cinema italiano? «Proprio l'altro giorno ero a Roma, a Palazzo Marini, ed ho discusso, insieme a Gabriella Carlucci e Willer Bordon, a proposito della Tax Shelter, recentemente approvata dal ministro Bondi. È un bene che anche nel nostro Paese ci sia questa detassazione degli utili da reinvestire nella produzione cinematografica. Spero vada a stimolare la produzione indipendente e i giovani autori». Cosa si sente di dire a quei ragazzi che decidono di fare il suo lavoro? «Di non fare questo mestiere. Cioè: se avete un minimo dubbio, rinunciate». Ci sono, secondo lei, validi attori della nuova generazione? «Ce ne sono tanti. Abbiamo materiale notevole. A volte, purtroppo, non riescono ad emergere e non si capisce perché. Anzi, forse il motivo è anche facile da capire. Di una cosa sono certo: è importante che il merito sia riconosciuto di più».

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