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Désirée Colapietro Petrini ISCHIA Più che lo ...

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Ad Ischia dallo scorso lunedì, il quarantaquattrenne scrittore romano ha partecipato - insieme a Giulio Base, Iris Yamashita (candidata alla statuetta d'oro per il film Letter from Iwo Jima di Clint Eastwood) e all'attore e regista Fisher Steven - al secondo appuntamento del World Script Market, «Il Mercatino delle idee» voluto e organizzato da Pascal Vicedomini, impeccabile padrone di casa della sesta edizione dell'Ischia Film & Music Global Fest. Il suo primo film da regista, «Scusa ma ti chiamo amore», è stato uno dei maggiori successi della passata stagione. Difficile non prevederne un sequel… «Sì, infatti ci sarà. Insieme a Luca Infascelli e Chiara Barbini stiamo lavorando alla sceneggiatura del film che riporterà ancora una volta sul grande schermo la coppia Bova/Quattrociocche. Quando si ha avuto un successo della portata di "Scusa ma ti chiamo amore" (13 milioni di euro al botteghino), "Tre metri sopra il cielo" e "Ho voglia di te", è importante confezionare un prodotto che sia all'altezza dei precedenti». Dalla scrittura di un libro alla trasposizione cinematografica. Quanto rischio c'è di tradire storia e personaggi? «"Diario di un sogno", il mio ultimo libro, è proprio questo: il racconto delle difficoltà di trasferire un libro sullo schermo tenendo conto di tutto quello che i lettori vorrebbero ritrovare in un film. È importante fare in modo che la scelta degli attori sia compatibile con i personaggi che racconti. Prima di scegliere Raoul Bova per il ruolo di Alex e Michela Quattrociocche per quello di Niki, ho fatto moltissimi provini. Alla fine quello che mi ha convinto, e che mi è molto piaciuto, è stata la naturalezza con cui hanno interpretato i personaggi che avevo raccontato». Pur avendo vent'anni più dei ragazzi di cui racconta, è diventato un autentico testimone e portavoce di questa generazione di giovani… «Vede, esistono dei sentimenti, delle emozioni e delle difficoltà che ogni generazione affronta, come il primo amore e la voglia di innamorarsi. È una fortuna che per quanto ci siano dei cambiamenti, queste tematiche siano sempre uguali». Da quando ha scritto «Tre metri sopra il cielo», la zona di Ponte Milvio è diventata una meta turistica a tutti gli effetti. Come è nata l'idea dei lucchetti? «Cercavo una leggenda, ne ho parlato con mia zia, professoressa di storia, e mi sono reso conto che non esisteva nulla di simile ma mai avrei pensato che avrebbe colpito così profondamente l'immaginario romantico di tutte le città. La bellezza del libro è stata proprio questa: raccontare una storia che nasce dal tuo cuore, vederla attecchire nei lettori che poi, spontaneamente, decidono di andare a mettere un lucchetto come promessa del loro amore... La cosa bella è stato vedere che ha colpito i giovani ma non solo. Alcuni gesti non hanno età, non esiste vergogna di quello che fai per la persona che ami. Sapere di turisti che arrivano da ogni parte è per me ancora oggi una delle emozioni più forti». Lei è autore tv, scrittore, sceneggiatore e regista. In quale veste si ritrova meglio? «Tutte queste cose fanno parte di un percorso che, in qualche modo, ha a che fare con la creatività e alla base del quale c'è la voglia di commuovere, raccontare, emozionare. La scrittura di un libro però, più di ogni cosa, ti permette di pensare ai personaggi e di raccogliere le caratteristiche di quello che immagini nella più totale libertà». Quanto di autobiografico c'è nei suoi libri? «La vita, è inevitabile, si mischia sempre con quello che scrivi: in ogni libro c'è un po' del tuo vissuto o di quello che avresti voluto vivere. Nel cinema, così come nei libri, l'importante è cercare di essere sempre sinceri e fare in modo che un carattere, seppure diverso dal tuo, agisca secondo quella coscienza». Le capita mai di cominciare a scrivere qualcosa che ha in mente e poi invece di lasciarsi condurre dai suoi personaggi verso una direzione completamente diversa? «Sì, quando questo succede vuol dire che il libro è talmente ben costruito che le storie ti vengono quasi suggerite». Molti ragazzi di oggi, rifacendosi ad alcuni modelli televisivi, crescono inseguendo facili successi, con il mito del calciatore e della velina. Cosa manca nella "loro" televisione? «Credo che nella televisione di oggi manchi quello che ai miei tempi era il pomeriggio educativo. Ricordo che quando ero ragazzo venivano approfonditi alcuni argomenti per ricordare alcune cose appartenute al passato. Oggi la tivvù è poco educativa e troppo commerciale. La rincorsa ai dati Auditel giustifica, o meglio, determina le scelte interne. Andrebbe fatta una televisione che guarda meno al risultato e più alla formazione». Ha mai pensato ad un programma per teen agers? «Sì, ci ho pensato. Ma quando ti scontri con questo tipo di realtà televisiva non è facile…» Progetti futuri? «A Ottobre uscirà un nuovo libro dal titolo "Amore 14" e sarà completamente diverso dai precedenti». Quindi l'omonimo film che verrà realizzato da Medusa nel 2009, sarà tratto da questo libro… «Chissà…» (ride) Ci può anticipare qualcosa sulla trama? «Racconto un anno vissuto da una ragazza accompagnata in tutte le sue emozioni, compreso il suo primo amore, da una mamma e soprattutto da una nonna. Una sorta di "Il tempo delle mele" moderno».

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