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DR. PLONK, di Rolf de Heer, con Nigel Lunghi, Paul Blacwell, ...

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Oggi si rifà addirittura a una macchina del tempo, senza nessun timore di non essere originale. La fa inventare, nel 1907, da uno scienziato ovviamente un po' pazzo che, in base a certi suoi calcoli stabilisce che il mondo finirà da lì a cento e un anno (dunque nel nostro 2008). Pensa subito di avvertirne le autorità ma, per credergli, tutte pretendono delle prove, da qui la macchina che consentirà allo scienziato di mandare nel futuro prima il suo cane, poi il suo assistente, infine lui stesso. Con una lunga serie di conseguenze sempre negative che da ultimo proveranno sì la fine del mondo, ma unicamente per il povero scienziato. Le vecchie comiche. Sia come racconto in sé, sia come modi per rappresentarlo. Rolf de Heer le ha seguite passo passo, con furbizia e malizia, alternando naturalmente alle immagini le didascalie - per spiegare, commentare, riferire i pochissimi dialoghi (tra l'altro l'assistente del protagonista è sordomuto e realizza i fatti solo se lo prendono a calci nel sedere...) - e sottolineandole di continuo con quelle musichette che, proprio nelle comiche mute, intervenivano a scandire le vicende. In mezzo l'azione la cui vivacità comica deriva da molte occasioni disposte sempre al punto giusto. Prima di tutto quella che, puntando sulla ripetitività propria degli incidenti di cui abbondavano quei film, sciorina uno dopo l'altro, senza soste, i numerosi contrattempi cui vanno incontro la macchina e i passeggeri che vi si alternano in varie epoche, da quella delle caverne alla nostra; con un autentico florilegio di beffe, di situazioni buffe, di inciampi rubati, ma sempre con astuzia, alle farse di una volta. Poi l'interpretazione, con atteggiamenti spesso alla Buster Keaton (per non dire alla Charlot). Il protagonista è un'artista di strada, si chiama Nigel Lunghi e ce la mette tutta, con estrema serietà, a farla da pagliaccio, trucco, gesti, impacci, movimenti maldestri. Di fronte a lui, come suo assistente, un vero attore, Paul Blackwell, in arrivo dal teatro: la vittima classica, quello che le prende da tutti, con imperturbabili cipigli. Completa il gruppo, come moglie dello scienziato, un'attrice già nota, Magda Szubanski (la si ricorderà in "Babe maialino coraggioso") qui, truccata come un bambolotto obeso, sembra muoversi su delle rotelle. Grazie anche a lei, "ridere ridere".

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