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Un grande racconto epico sulle tracce di Ejzenstejn

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E.R.la libertà è il paradiso", e "Il prigioniero del Caucaso". Adesso, dopo alcuni altri non del tutto conseguenti e compiuti ("Il bacio dell'orso"), eccolo invece affrontare, con larghissimo respiro, quell'epica corale la cui tradizione, nel suo Paese, risale addirittura a Ejzenstejn e al suo immortale "Ivan il Terribile". Anche qui un gran personaggio al centro, anche qui la Storia di sfondo, con un deciso capovolgimento di una certa tradizione perché quel personaggio, che è Gengis Khan, non è proposto come un tiranno feroce che, per conquistare mezzo mondo, in quell'epoca turbolenta che era il XII Secolo, lo devastò con tremende distruzioni, ma come un uomo giusto, legato a moglie e figli e pronto a governare con saggezza e persino con misura. Una trovata narrativa - a quanto sembra anche con un fondamento storico - che ha permesso a Bodrov di ricercare un equilibrio fra le psicologie anche più sommesse dei vari caratteri cui si è rivolto e i corruschi eventi in cui, poi li ha coinvolti. L'intimismo da un lato, perciò, e, da un altro, la guerra svolta con seguito di battaglie furibonde e violentissime. Forse, dove non solo la rappresentazione, ma anche la struttura narrativa che la pretende, sono meno convincenti è proprio nell'intimismo, che tutto sommato si limita a seguire da vicino le vicende del futuro Gengis Khan quando ancora di chiamava Temugin iniziando dall'età di nove anni fino al momento in cui, sconfitti tutti i suoi avversari, avrebbe cominciato a dominare i suoi Mongoli. Si seguono, invece con partecipazione le molte pagine epiche che vedono il personaggio, pur tra alti e bassi, sgominare a poco a poco quanti osano sfidarlo, persino un potentissimo amico fraterno poi diventato suo oppositore. Qui Bodrov mostra di aver tenute ben presenti non solo le grandi battaglie di "Ivan il Terribile" ed anche dell'"Aleksandr Nevskij" sempre di Ejzenstejn, ma quelle, più recenti e sconvolgenti, di Kurosawa in "Kagemusha" e in "Ran". Con effetti da kolossal, insoliti per il cinema russo di oggi, ma sempre di gusto controllato: all'insegna di una grandiosità che mai indulge al facile. Non dimentico gli interpreti. Il giapponese Tadanobu Asano, premiato anni fa a una Mostra di Venezia, è il protagonista, il cinese Honglei Sun, il suo nemico, l'esordiente mongola Khulan Chuluun, la moglie. Condividono, con seri accenti, il realismo dell'insieme.

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