Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Santamaria, io contro la "quarta mafia"

Claudio Santamaria

  • a
  • a
  • a

 Dopoil successo della fiction Rai su "Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu", Santamaria è ora nei sul grande schermo con il film "Fine pena mai" tratto dall'autobiografia "Vista d'interni" di Antonio Perrone, boss pugliese, condannato a 49 anni di carcere in regime di 41 bis. Diretta da Davide Barletti e Lorenzo Conte, la pellicola, interpretata anche da Valentina Cervi, narra l'ascesa e la caduta di un gangster pugliese, trasformato da ragazzo di buona famiglia a boss della Sacra Corona Unita. Santamaria, perché ha accettato questo ruolo? «Mi ha incuriosito la storia anomala, non è un gangster movie classico: Antonio è un ragazzo di buona famiglia, studente di psicologia, che ha davanti a sé un ventaglio di possibilità infinite, e invece sceglie il percorso criminale, per ribellione interna, per odio nei confronti del sistema legato alla competizione. Purtroppo, diventa un criminale, ma forse si sarebbe potuto salvare se avesse avuto adeguati aiuti psicologici. Invece, ha iniziato a usare e spacciare droga, da lì il passo alle rapine, allo sfruttamento della prostituzione e all'affiliazione ai clan». Come mai cinema e tv si appassionano ai temi della criminalità organizzata? «Quando un film di genere va bene, in Italia si inaugura subito "il filone". E poi vogliono fare tutti i grandi autori. Se vai al ministero a chiedere finanziamenti per un film, la prima cosa che ti chiedono "dove sta il sociale e lo sfondo autoriale"? Credo che questo genere piaccia alla gente perché in Italia c'è talmente tanto letame da spalare che il pubblico è assetato di verità». Inevitabile fare il paragone con i suoi precedenti personaggi «cattivi», come Dandy di «Romanzo Criminale»... «Il Dandy è un personaggio trasversale, politico, furbo e anche spietato, è un proletario. Mentre Perrone è un borghese carismatico, un protagonista che si espone in prima persona». Lei ha anche avuto una piccola parte in «Casino Royal», saga di James Bond: com'è stata la sua esperienza americana? «Mi piace lavorare nelle produzioni americane, c'è tanto tempo, molta tranquillità sul set, non si va a casa fin quando la scena non è perfetta. Ma per fare carriera negli States devi andare a vivere a Hollywood e quella città non fa per me. Ora dopo "Batman Begins" continuerò a prestare la voce a Christian Bale e sarà un lavoro molto impegnativo».

Dai blog