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Dina D'Isa [email protected] Dopo "Carlo Giuliani, ...

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Prodotto da Rai Cinema con materiali d'archivio di RaiTeche, il filmato - che sarà in onda su Raitre il 14 febbraio - mostra volti e voci di chi l'Italia l'ha vissuta dalla fabbrica, con il sacrificio quotidiano, la dedizione al lavoro che "produce" fino al rapido scivolamento verso l'indurirsi delle condizioni di lavoro, l'aumentare dei ritmi della catena di montaggio - ma non altrettanto dei salari - e la lotta contro i licenziamenti, i sindacati, la modernizzazione, con la decisiva entrata in scena degli extracomunitari. Manca però una riflessione sugli anni Novanta, perchè - a detta della regista - mancano testimonianze d'archivio -. Ma l'assenza di un periodo così rilevante si avverte. La conclusione - discutibile - mostra la rappresentanza contemporanea della nuova classe operaia nelle vesti di un giovane senegalese che filosofeggia in italiano: è uno studente di Economia e Commercio e presto smetterà di andare in fabbrica, quasi a testimoniare che l'era operaia sta ormai per tramontare. Il racconto inizia dal cancello di una fabbrica degli anni Cinquanta. Sotto le note di "Tremarella" di Edoardo Vianello o di "Via de Campo" di Fabrizio de Andrè, una massa di lavoratori si prepara ad entrare in fabbrica, alcuni a piedi, altri trascinando una bicicletta o un motorino. All'interno gli operai sono al lavoro: precisi, puntuali calcolano i gesti, sopportano il rumore. Da questa fabbrica siderurgica del primo dopoguerra inizia il viaggio attraverso la coscienza operaia del Novecento. La narrazione è affidata alla voce degli operai, che raccontano il proprio lavoro, le aspirazioni, le sconfitte, le speranze, con interviste d'epoca, tratte dagli archivi Rai e Aamod, e da testimonianze dirette raccolte in una fabbrica di oggi. Dall'Italia contadina a quella del miracolo economico, dalle lotte dell'autunno caldo ai 35 giorni di sciopero serrato alla Fiat, fino ai giorni nostri. Con un omaggio a oltre mezzo secolo di vita operaia italiana la regista tenta una ricostruzione della vita operaia italiana dagli anni '50 in poi. La guerra è finita da poco, il Belpaese si rimbocca le maniche e cerca di ripartire da zero. Riuscendoci bene. "In fabbrica" per fortuna non si appesantisce con la zavorra ideologica della lotta proletaria, né alza i toni per rivendicare diritti o rimarcare ingiustizie, ciò che interessa non è lo scontro dialettico e politico ma il racconto complessivo della professionalità e del sudore di un'intera classe sociale che, con il proprio faticosissimo e silenzioso lavoro, ha resuscitato l'Italia dalla miseria. Facce, dialetti e storie, si mescolano in questa sorta di grande ritratto di famiglia che abbraccia lo stivale italiano da Nord a Sud, registrandone lo sviluppo da paese essenzialmente contadino a paese fortemente industrializzato.

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