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I ragazzi narrati da Reitman

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Sono felice, non pensavo che questo film anglofono funzionasse fuori dai nostri confini». Accanto alla stravagante sceneggiatrice Diablo Cody, Reitman, figlio d'arte (il padre è Ivan, regista di "Gosth Buster") è al suo secondo lungometraggio dopo "Thank you for smoking" (presentato a Toronto e al Sundance). Il giovane regista ha raccontato di aver saputo solo venerdì della vittoria: «Stavo festeggiando il primo compleanno di mia figlia Lucy e mio padre era con noi. Mi ha entusiasmato vedere che il pubblico romano durante la proiezione rideva. Evidentemente, il modo di vivere dei giovani è lo stesso in tutto il mondo e si esprime con il cuore. È difficile parlare dei ragazzi di oggi. Cody è stata davvero brava nei dialoghi, ricchi del linguaggio giovanile tipico degli adolescenti e credo che sia un linguaggio che non vale solo per i giovani americani. È bellissimo che sia così. Una giuria tradizionale forse avrebbe tenuto conto più della vena classica di un film, avrebbe rispettato più certi canoni. Forse è proprio questo il punto di forza del festival romano e per questo considero ancora più importante aver ricevuto un premio qui». La creativa Diablo Cody, ragazza super tatuata (il cui vero nome è Brook Bousey) che ha già conquistato Hollywood e sta ora lavorando per Spielberg, ha un passato hard: ha smentito di aver fatto la spogliarellista, ma ha confermato di aver lavorato per un call center erotico: «Ero solo un'operatrice di una linea hard - ha ammesso con candore -. La storia di "Juno" è quella di una ragazzina sedicenne sicura di sè che, con disinvoltura decide di dare in adozione il suo bambino dopo la gravidanza. Non è una storia autobiografica, anche se c'è molto di me. Sono cose che non sono accadute realmente a me ma a persone che mi sono state molto vicine». D. D'I.

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