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«Dahlia» di De Palma, suspense e maestria

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Visto dal critico/1

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UN film promosso da due grandi firme, quella del suo regista, Brian De Palma, quella del romanziere da cui la storia è tratta, James Ellroy, di cui si ricorderà almeno un'altra riduzione cinematografica di una sua opera, «L.A. Confidential» e che, anche nel titolo, si era ispirato alla bella sceneggiatura di Raymond Chandler, «The Blue Dahlia», portata al cinema negli anni Quaranta da George Marshall, protagonisti Alan Ladd e Veronica Lake. Di rilievo anche la sua trasposizione, curata da Josh Fiedman, autore, fra l'altro della sceneggiatura di «La guerra dei mondi». Così, chi ha letto il romanzo non sarà deluso perché, sia pure secondo linee essenziali, ci sono tutti i personaggi che si debbono incontrare e, attorno, la Los Angeles del 1947 vista soprattutto dalla parte dei crimini, spesso abominevoli, che vi si commettevano. I protagonisti, di conseguenza, sono due poliziotti chiamati a indagare proprio questi crimini, Bucky e Lee. Prima di entrare in polizia avevano fatto con successo i pugili ed ora sono molto amici e Bucky è anche molto amico della moglie di Lee, Kay, con la quale, insieme, hanno dato vita a un simpatico trio. Il caso più sanguinoso di cui i due sono chiamati ad occuparsi è la morte di una attricetta il cui afferrato omicidio Ellroy l'aveva pescato fra la cronaca nera di quegli anni. Da questo spunto, il resto che porta Bucky sempre più in primo piano, con molte ambiguità attorno al personaggio di Lee, e un susseguirsi di fatti via via sempre più misteriosi quando, specialmente Bucky, si dà a sgrovigliare la matassa cui non tarda a riferirsi l'assassinio dell'attricetta. De Palma, con la maestria che gli conosciamo si è impadronito di questa vicenda, tenendo a mente anche i climi neri del romanzo di Ellroy, e ne ha ricavato un film che si segue con trepidazione dalla prima pagina all'ultima. Intanto quei tre personaggi centrali, vivisezionati in ogni sfaccettatura, specie quando si fa strada l'amore all'inizio solo intuito fra Bucky e Kay, poi il disegno di altri di contorno, con tratti forti, psicologie attente, rapporti scanditi ora con accenti sommessi ora quasi con violenza. E da ultimo la cornice, rivisitata con colori ocra dalla fotografia di Vilmos Zsigmond sostenuta dalle scenografie suggestive di Dario Ferretti. Completa questi già felici risultati una interpretazione, in tutti, curata in ogni dettaglio. Bucky, teso e lacerato, è Josh Hartnett, al suo fianco la splendida Scarlett Johansson che è Kay, e Aaron Eckhart nei panni di Lee.

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