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Nonostante la lunga assenza dal palco il figlio d'arte è apparso in gran forma

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Che fosse un ragazzo chiuso e tenebroso era sotto gli occhi di tutti ma stupisce il fatto che non abbia degnato neanche di uno sguardo i fan. In attesa tra la hall e il palco del Cala di Volpe in Sardegna, tutto il pomeriggio hanno avuto un bel daffare per cercarlo. Il bell'Enrique Iglesias, figlio d'arte e madrileno di natali, ieri ha stupito la Costa Smeralda comparendo d'improvviso sulla ribalta come se, dall'aereo, fosse sceso cinque minuti prima. Una kermesse di due ore davanti a oltre duecento persone, tra il pesce fresco del buffet e le tavole imbandite per il dolce e poi di nuovo in viaggio, verso altri lidi che non fossero quelli sardi. Più di centoventi minuti davanti a una platea d'eccezione: vip (tra gli altri Valeria Marini e Flavio Briatore) e personaggi provenienti dal mondo dell'imprenditoria e della finanza riuniti per Ferragosto attorno alla piscina del Cala di Volpe: un appuntamento, imperdibile, di mezza estate. Il maestrale, che ieri ha imperversato sul litorale, ha fatto buon gioco divertendo i presenti e facendo svolazzare abili in toulle e sete ricamate. Il ragazzo dai cinque milioni di dischi (il successo risale al 1997, quando spopolò con l'album dal titolo «Vivir») di battimano ne ha ricevuti a volontà. Sarà stato perché, con sé, si è trascinato una trasognante atmosfera estiva che bene si addice al clima che si respira in Costa. O, ancora, sarà forse per quel suo modo di coinvolgere il pubblico: travolgente ma non appesantito da falsi artifici da palcoscenico. Lontano dai ritmi rockettari della Nannini (a due settimane fa risale la sua esibizione in Costa Smeralda) che a più di qualcuno hanno fatto storcere il naso, il trentaseienne la platea l'ha conquistata. D'altronde la sfida - improbabile secondo i più - ieri come ogni volta che si esibisce in pubblico o che incide un cd, è sempre quella di cercare di superare il padre, l'indimenticabile Julio o, almeno, di farsi ricordare come un qualcosa di altro rispetto a un paradigma che, dopotutto, gli sta troppo stretto. Il tormentone che gli ha regalato il successo non è tardato ad arrivare: «Bailamos» ha scosso la platea come un fulmine a ciel sereno, «Hero» ha placato gli animi, «Escape» ha catapultato i presenti a poco più di cinque anni fa, quando Iglesias era sulla cresta dell'onda. Citato nei programmi televisivi a sfondo musicale, mandato in radio come un vero e proprio cult. E c'è chi si chiede se, questi concerti, siano solamente il ritorno a un passato quasi dimenticato, quello dei dischi di platino, delle interviste a catena e dei tormentoni che, in fin dei conti, durano una stagione. È a quel periodo che risale la tournée durata tre anni e che lo ha visto protagonista indiscusso degli stadi di mezza Europa, facendogli guadagnare titoli come gli American Music Arward e, soprattutto, il premio Ascap, come miglior compositore. Sì, perché con Iglesias junior di improvvisazione proprio non si può parlare. Sebbene sia stato figlio d'arte, alle spalle vanta anni e anni trascorsi tra i conservatori spagnoli e i corsi di perfezionamento musicale di Toronto dove, chiuso per tre mesi dentro uno studio discografico, iniziò l'incisione del suo primo album.

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