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La sensibilità della Torre esalta Lo Cascio «scambista»

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Dopo, uscita indenne da quell'incidente di percorso che è stato «Sudsidestori», l'ho ritrovata con attenzioni forti per le psicologie in «Angela», sostenuto con intensità dall'interpretazione di Donatella Finocchiaro. Oggi, con questo «Mare nero», continua con le sue ricerche psicologiche, incorniciandole in un ambiente che pur, a quanto sembra, di moda, non è certo gradevole: quello degli scambi di coppia, con club appositi e luoghi all'aperto dove si danno convegno i cultori di un tal genere di aberrazioni. Ha però due meriti. Uno, quello di aver costruito queste ricerche, con un testo scritto insieme con Heidrun Schleef, (co-sceneggiatrice con Moretti della «Stanza del figlio» e del «Caimano») facendole scaturire dall'ossessione di un uomo, un poliziotto condotto dal suo mestiere a contatto con omicidi a sfondo sessuale e ridotto a pervertire il rapporto con una sua compagna a causa degli sconvolgimenti suscitati in lui dal mondo oscuro degli scambisti (un autentico «mare nero»). Due, quello di aver poi rappresentato questo testo con due modi di regia cui aggiungono ombre cupe la fotografia di Ciprì (già autore, con Maresco, di film notevoli) e una musica tutta torve lacerazioni scritta per lei da quel Shigero Umebayashi cui si era già dovuto quella di «In the Mood for love», per il noto regista cinese Wong Kar Wai. Concorrono, a dar rilievo a questi modi, in atmosfere sempre notturne, delle scenografie che sanno restare asettiche, pur con la loro dominante buia, sia quando propongono le cornici algide di un obitorio, sia quando stravolgono, con segni scabri, la quotidianità banale di un commissariato. Certo, l'argomento può spesso infastidire, ma la discesa agli inferi del protagonista e la voluta ambiguità della figura femminile al suo fianco, una brava agente immobiliare che l'immaginazione del compagno veste di luci nere, dal punto di vista del cinema non può dirsi che non siano risolte con accenti plausibili. Vi dà man forte l'interpretazione sempre dura e risentita di Luigi Lo Cascio, pronto a trasformare il suo volto, quasi sempre a disposizione di personaggi positivi, in una maschera devastata da un inarrestabile sfacelo interiore: annunciatore di un annientamento totale. Lo affianca convinta la francese Anna Mouglalis, che mostra di saper recitare in italiano quasi senza accento. Poco da dire, invece, per l'opera prima inglese «Le vie dei santi» di Rankin, un pubblicitario, e di Chris Cottam, un regista TV. Un dramma oscuro provocato da un bambino che sembra far miracoli. Con una suspense che sfocia nel kitsch.

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