Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

di FULVIO STINCHELLI UN RITRATTO-RICORDO di Trilussa a mano libera, fatto così all'impronta, dopo tutto ...

default_image

  • a
  • a
  • a

E una bella dose di faccia tosta da parte mia nell'accettare. Mi par di sentirlo, il terribile Maestro: «Be', quella, la faccia de bronzo, non t'è mai mancata…». Ora, lassù, assiso su una nuvoletta, è come se lo vedessi e mi sembra di sentirlo: «…tu, poi, co' le buscìe ce fai cammina' li treni». Con simile incoraggiante viatico, si va a incominciare. Fu, se ben ricordo (e ricordo benissimo), un caro e grande amico che non c'è più, Fabrizio Sarazani, magnifico scrittore di cose romane, a farmi conoscere Trilussa. Amico di mia nonna, Fabrizio sapeva che panni intellettuali vestissi e non li apprezzava. Per cinque anni compagno di banco di Elio Preti alla scuola dei preti, mi ero avvicinato per il suo tramite al cinema romano del dopoguerra: Giuseppe De Santis, Carlo Lizzani, Massimo Mida Puccini ecc., tutti devoti del pontefice massimo Guido Aristarco. Ce n'era a sufficienza per indurre Fabrizio, che la pensava in tutt'altro modo, a cercare di distogliermi, anche su sollecitazione di mia nonna, pia dama di S.Vincenzo, da quel branco di "comunistacci". Ci provò un bel giorno dicendo:«Vieni che ti presento a Trilussa: un grande poeta. Per te, oltre che un onore sarà una scoperta...ti farà aprire gli occhi». Accettai di corsa, naturalmente, ma mi studiai di coinvolgere anche il compagnuccio Petri nella "scoperta". Così, tanto per non troncare in maniera traumatica il cordone che mi legava alla confraternita dello specifico filmico. «Dove andiamo a incontrarlo, a casa sua?». «Nemmeno per sogno - rispose Sarazani -, lui in casa non riceve nessuno. A parte i gatti e la governante, la povera Rosa che, tra libri, piatti e cartacce sparsi ovunque, non sa dove mettere le mani. Pensa che, l'altro giorno, ha bussato alla sua porta Elsa Morante, be', mica l'ha fatta salire…Non è un uomo facile, eh no…Una raccomandazione: adesso che andiamo all'osteria, dove praticamente soggiorna e riceve, tu fa una bella cosa, taci…». «Come, non parlo, nemmeno per presentarmi?». «Presentarti, sarà compito mio…ti sia ben chiaro, poi, che a Trilussa di te non gli frega niente, manco ti vede…è per fare un piacere a me che ti riceve…». «Ho capito. Sto zitto e aspetto?». «Bravo, stai zitto e aspetti. Cerca di capire, dopo il Belli, è il più grande poeta nostro, la Voce di Roma, è un genio e ha le sue fisse…che ti credi, perché adora i gatti? Ma perché sono gli animali domestici più silenziosi. "Tri", così lo chiamano i pochissimi amici suoi, ma in realtà il solo Arnoldo Mondadori, l'editore da cui economicamente dipende…bene, Tri, una volta mi disse: "'Di animale domestico più silenzioso del gatto conosco il bacarozzo, ma mi fa troppo schifo". Insomma, è animalista convinto, senza far troppo rumore…». All'ora indicata, ci presentammo in tre - Sarazani, Petri e il sottoscritto -, in un'osteria di Tor Millina, dietro piazza Navona, che adesso non c'è più, perché ci hanno messo una ginseria. L'osteria era modesta, ricordo, con l'ostessa zinnona, ma simpatica, mentre la ginseria ora è del tutto deprimente. Trilussa era seduto a un tavolino d'angolo, la testa incassata tra le spalle, il gran naso pendente verso la bocca, gli occhi acquosi semichiusi. Fabrizio ci presentò: parlava come se si rivolgesse a una deità misteriosa. Nessun cenno di risposta, il Poeta continuava a fissare la tovaglia di carta sottesa a una misura da vino con bicchiere. Levò lo sguardo soltanto per guardare verso il tavolo di fondo dove sostava un garzoncello con lo zinale abbastanza sudicio, interessatissimo alla briscola di due poveri diavoli. Con voce grave, ma declinante, Trilussa ordinò: «Ughe', un mezzo sfilatino burro e alici e pòrteme un altro chierichetto». «Chiamasi chierichetto la via di mezzo tra il quarto e il quintino - spiegò, bisbigliando Sarazani, per impedirci di aprire bocca -, il Maestro se ne beve una decina a sera. E sono troppi. Si nutre praticamente di solo vino, ma è sempre lucidissimo». Frattanto, il Poeta aveva preso a scrivere fitto su un salviettino di carta, rapido, senza tente

Dai blog