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La provocazione di un «ex ragazzo» degli anni Sessanta, quando la maturità era un incubo

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Gli esami al tempo di Internet

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Un gruppo di ragazzi diciottenni incrocia il vecchio professore di storia e filosofia, membro interno all'esame di maturità. Non è ancora esplosa la contestazione studentesca, i professori non sono ancora chiamati sbrigativamente prof., esercitano ancora una certa autorità, vengono ancora trattati con rispetto. Ed è infatti con deferenza che uno dei ragazzi - il sottoscritto -, dopo aver salutato il docente, gli chiede: «Professore, vorremmo sapere com'è la commissione». «Com'è la commissione?» - replica con gli occhi fiammeggianti di sdegno l'illustre vegliardo, che pure non è assolutamente un reazionario, ma anzi un noto progressista, democratico e antifascista - «che cosa vuol dire "com'è la commissione"? Se sono buoni, se sono cattivi? Che cosa vorresti sapere: chi sono, da dove vengono, come la pensano? Magari con quale criterio correggono i compiti? È questa la tua idea della maturità? Ma lo sai o no che cosa significa esame di maturità?». Schiacciato dal peso di tanti, cruciali interrogativi (e incavolatissimo con i miei compagni perché sono stati loro ad eleggermi a "portavoce"), indietreggio, chiedo scusa, saluto cortesemente e svicolo. Non mi ricordo come ho passato "quella" notte prima degli esami. Quando gli studenti dovevano sostenere più prove scritte. Noi del "classico", tre: una di italiano, una di latino, una di greco. Quando, agli orali, venivamo interrogati su tutte le materie e non solo sul programma dell'ultimo anno, ma anche con i dovuti riferimenti, ove se ne presentasse l'occasione (e si presentava, si presentava...), a quello dei due anni precedenti. Quando la commissione era tutta composta da membri esterni che venivano dalle più sconosciute contrade italiche e l'unico membro interno non pensava tanto a battersi per la tua causa, quanto a difendere il buon nome della scuola e quindi a picchiarti addosso se i risultati delle prove erano stati scadenti. E se durante il tuo corso di studi avevi sempre preso buoni voti, allora peggio per te, eri ancora più colpevole, voleva dire che non te li eri meritati, visto il "flop" agli esami di Stato. Dunque, potevi beccarti tranquillamente un paio di materie da "riparare a settembre". Già, esami di Stato, con la Esse più che maiuscola, super-selettivi, figli della riforma Gentile, del Fascismo, dell'autoritarismo. Erano giusti "così"? Era giusto che tu fossi mortificato dal "tuo" membro interno, che non solo non ti aiutava, ma ti faceva sentire in colpa? Era giusto che sulle "tue" notti prima dell'esame incombessero la super-racchia professoressa di scienze che veniva da Mondovì e ce l'aveva con le ragazze carine e con i ragazzi troppo sicuri di sé, e lo spietato prof. siculo che ci godeva nel metterti in crisi, interrogandoti sulla strategia e la tattica di tutte le battaglie napoleoniche? Già, ma le "notti prima degli esami" ci sono anche ora. Gli incubi, i prof. carogna, le attese snervanti, le sorprese traumatizzanti, il tutto magari mescolato agli affari di cuore che ti vanno male, insomma queste cose care a film e a libri di successo ci sono sempre state, ci sono anche ora, fanno soffrire adesso come ieri, e, diciamo la verità, una cosa è averlo fatto e rievocarlo, che so, il maledetto compito di italiano, una cosa è doverlo fare e star lì con l'animo in sospeso per le "tracce" che ti saranno proposte oggi. D'accordo, ragazzi, si tratta sempre di una esperienza importante, di quelle che lasciano cicatrici, e che oltretutto "qualche volta tornano": incubi nelle passate "notti prima degli esami", che si ripropongono quando quelle notti sono lontane. Tu dormi beato, ed ecco che all'improvviso sbuca chissà da dove il sogno ricorrente: devi essere interrogato, guarda, adesso tocca a te, ma, porca miseria, non ti ricordi un accidente e sprofondi nell'angoscia. Ma, tornando alla bruta realtà, che ci volete fare, ragazzi? Noi abbiamo già dato, adesso tocca a voi. Dunque,smettetela con le lagne. Siete fortunati: la co

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