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Premiato Rossi Stuart Depardieu ipoteca la Palma

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CANNES

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Un giorno prima della premiazione ufficiale, il toto-palma presenta delle novità nella categoria degli attori, con Gerard Depardieu e Jamel Debbouze, uno dei protagonisti di «Indigenes». Mentre Giacomo Rizzo, protagonista del film di Sorrentino (regista che peraltro non ha convinto la stampa internazionale), è apparso come una vera rivelazione. I film favoriti sono finora sempre gli stessi: «Volver» di Almodovar e Penelope Cruz, «Les Lumieres du Faubourg» di Kaurismaki, il turco «Iklimler». Poi, «Marie Antoinette» della Coppola e l'attrice Kirsten Dunst, «Babel» di Inarritu, «Flandres» di Dumont e «The Wind the Shakes that Barley» di Loach. Sono state intanto due le pellicole in concorso ieri. «Juventude em marcha» del portoghese Pedro Costa racconta le malinconiche vicende di un capoverdiano abbandonato dalla moglie in un vecchio quartiere periferico di Lisbona, ormai semidistrutto. E l'altro film, interpretato da un applauditissimo e strepitoso Gerard Depardieu, è «Quand j'etais chanteur» (The Singer) di Xavier Giannoli. Se Depardieu vincesse, sarebbe la sua seconda volta, dopo la palma come miglior attore nel 1990 per «Cyrano» di Rappenau. La storia narra il singolare incontro tra un maturo crooner francese ed una giovane madre single, interpretata da Cecile de France, accanto a un Depardieu che veste i panni di un malinconico e sorprendente cantante di sale da ballo della provincia francese, con una interpretazione ricca di sfumature, forse una delle migliori dell'attore. E non a caso la moderatrice ha ieri esordito dicendo alla platea dei giornalisti: «Se avete bisogno che vi dica chi è questo signore, non dovreste essere qui». Il cantante del film è Alain Moreau (Depardieu), crooner cinquantenne che vive nelle sale da ballo, avvolto da camicie di seta, giacche di pelle nera, borsello, meches e ispirato alla figura vera di Alain Chanone. Il protagonista canta con la voce vera e calda di Depardieu i successi degli anni '50, '60 e '70, osservando le piccole manie dei ballerini e assistendo all'inizio o alla fine di tanti amori, più o meno giovani. Ogni tanto una donna si lascia sedurre dall'affascinante cantante ma, per Alain, «lo fa solo per far ingelosire il suo compagno». È quello che capita pure a Marion (Cecile de France), giovane, elegante e misteriosa, in apparenza distante da quel mondo provinciale che scalda le sue serate con canzoni come «E penso a te» di Battisti, «Comme un garcon» di Sylvie Vartan o come una vecchia canzone di Rael, poi diventato leader della setta dei raeliani, fino a quella che dà il titolo al film di Michel Delpech. «Amo il melò ed è raro trovare una storia e una sceneggiatura così delicata e precisa nel descrivere i caratteri. La vera canzone popolare è fatta di autentiche poesie: apprezzarle nel loro giusto valore richiede una sensibilità che quelli come Alain possiedono. Persino Springsteen ha cominciato nei piccoli bar e i suoi concerti sono ancora un concentrato di energia, Alain che sa di non poter diventare una star, vive nel suo piccolo, in campagna con una capra, la lampada a raggi Uva, la sua malinconia e raramente s'innamora». Oltre all'omaggio a Roberto Rossellini (nel centenario della sua nascita e a sessanta anni da quando il film «Roma Città aperta» fu presentato proprio a Cannes), con il documentario di Serge July e Marie Genin «C'era una volta…Roma Città aperta», la versione restaurata del 1914 di «Cabiria» di Giovanni Pastrone e Gabriele D'Annunzio, chiuderà oggi la sezione Cannes Classics, con una video presentazione di Martin Scorsese. Mentre l'anteprima italiana di «United 93», che Paul Greengrass ha presentato ieri fuori concorso a Cannes, sarà proiettata nell'imminente festival di Taormina, il 23 giugno e uscirà nelle sale il 6 luglio.

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