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«Il mio teatro, strumento morale del bene collettivo»

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Di tanto in tanto, mi riesce di uscire dal buio della scena e allora esco per andare in qualche posto, ma non lontano dal teatro. Perché naturalmente "lui" è sempre là che mi aspetta. E allora vado dove c'è un po' di natura, di pace, di silenzio, la possibilità di raccoglimento e di estraniarmi da questo lavoro di partecipazione collettiva che è il teatro. Quindi godere dei momenti dove io posso completamente ritrovare me stesso facendo, in un certo senso, il vuoto intorno a me». Così si confessa Giorgio Strehler a Francesca Pini, giornalista del "Corriere della Sera", durante le riprese dei tre documentari sul "maestro" del Piccolo Teatro che la giornalista stava girando per la tv culturale francese Arte, nei primi anni '90. È uno Strehler spogliato della corazza, e anche dell'arroganza, del suo straordinario successo, che si osserva criticamente, consapevole degli ultimi barbagli della sua creatività, fiero dell'immenso lavoro realizzato, distaccato e divertito dal suo narcisismo, per nulla intimorito dal "buio" che si propone di attraversare negli ultimi anni della sua ricerca di uomo ricco di passioni e di curiosità. Il genio teatrale che con generoso talento ha firmato centinaia di allestimenti, da Goldoni a Brecht, da Pirandello a Cecov, da Shakespeare a Molière e a Ibsen, si rende conto nella conversazione raccolta nel volume "Il tempo di una vita" (De Ferrari, 112 pagg., euro 8) «di essere arrivato al termine di una storia. Non ci potrà più essere la lunghezza, la freschezza, e direi anche lo stordimento della gioventù. Da questo momento bisogna prepararsi agli abissi, all'oscurità, al vuoto». Non è un bilancio di vita, ma un ulteriore, finale, modo di mettersi in relazione con la vita, con il suo profondo significato umano, il senso dell'affascinante Conversazione che il grande regista de "L'Arlecchino servitore di due padroni" regala alla Pini, pochi anni prima di congedarsi dalla vita stessa. In queste sue definitive riflessioni Strehler tiene molto a sottolineare e a motivare la sua fede incrollabile nel teatro come «strumento morale del bene collettivo». E non ci sorprende se, l'anno prossimo, il decennale della sua morte coinciderà con il 60mo anniversario del Piccolo Teatro di Milano, fondato da Strehler e Paolo Grassi.

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