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Sgalambro: la mia filosofia al servizio dell'arte

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Continuerà la collaborazione per le sceneggiature cinematografiche di Battiato

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Undici anni dopo accompagnerà il padre farmacista a Monaco di Baviera, in pieno furore hitleriano. A ritroso, quel viaggio, nella terra di Mann e Spengler, gli cambierà la vita e lui diventerà il più controverso filosofo italiano. Pubblicherà "La morte del sole" e il "Trattato dell'empietà", che apriranno squarci di nichilismo nel pensiero nazionale. Poi sarà anche autore di testi teatrali e poetici, di libretti per opere musicali. Ma questo avverrà quando inizierà una collaborazione con Franco Battiato, e il filosofo sarà il suo paroliere. Poi, con l'avvento del nuovo secolo, sempre a fianco del musicista di Ionia, scrive le sceneggiature di due film, "Perduto amor" e "Musikanten". E forse ne scriverà anche un terzo... Chi è l'artista? Una cellula del caos odierno che cerca disperatamente di lasciare più tracce possibili; o non è più soddisfatto del sapere che ha originato il suo processo creativo? «È un cambiamento che bisogna interpretare. Penso che il fenomeno si rafforzerà ancora di più. Vedremo filosofi che non si accontenteranno più delle loro cattedre e dei loro libri e cercheranno un ponte di comunicazione che non sia più quello tracciato dalle vie canoniche ma che possa essere inventato: il rapporto diretto con il pubblico, la lettura dei propri brani. Ma tutto questo perchè? Perchè? in questa era di contaminazione si crea un nuovo modo d'essere. È un fenomeno legato a questo disamore per i campi separati, a differenza delle epoche analitiche che non si sognerebbero mai di confondere il teatro con la filosofia. Il sapere analitico e distinto è deprezzato da questa epoca... che tende a mischiare tutto, come in una sorta di magia oscura che la rende metaforica ed allegorica. Ma la nozione di futuro per l'artista è cambiata: "Morirò io e moriranno anche le mie cose". Questo sforzo di lasciare più impronte è l'unico modo per catturare la dimensione in cui siamo: "non esisto all'infuori del presente". La sensazione è quella che se non esisto nel presente non esisterò mai più. Per riassumere: questa corsa verso terreni diversi è un segno di abbandono delle arti e dei saperi distinti». Questa era ha provocato un azzeramento, un livellamento tra le arti, dunque l'esigenza di cimentarsi in più campi diventa quasi un obbligo? «Una volta si scriveva per fame di immortalità. Questa fame di permanere ci porta oggi a questa selezione, non si acquieta più all'interno di una sola disciplina. Ma ci spinge oltre, è lo spirito di questi tempi, è un periodo di confusione delle arti e dei saperi e di confusione di chi li pratica. Così avviene che si fanno romanzi, quadri, musiche, come per esempio nel caso di Savinio. Ma tutto questo non ci dà la sensazione dell'uomo universale del rinascimento, ma è la condizione dell'uomo disperato, il quale vuole che le sue opere restino, l'impronta da lui data rimanga e dunque opera come se volesse abbattere, lottare contro qualcosa (il tempo probabilmente) che distruggerà tutto. Siamo intrisi profondamente di caducità e questa caducità ha invaso ciò che facciamo, comprese le nostre opere». E Sgalambro come si pone? Resta un filosofo che dà il suo servizio alla musica, al teatro, al cinema, o si scopre improvvisamente autore di canzoni, testi teatrali, sceneggiature? «Credo in effetti di continuare a fare quello che facevo prima e cerco di occuparmi di queste cose alla stessa maniera che è tipica del mio modo di vedere. L'unica differenza è quella che invece di sviluppare concetti tento di sviluppare sensazioni. La riflessione mi ha sempre convinto della grande musicalità di cui è pervasa la stessa logica di Hegel, come del resto avveniva al giovane Marx, il quale scrivendo al padre affermava: "Sto studiando la logica hegeliana e vi trovo una qualche melodia rupestre". Ho una legittimazione di ciò che faccio. Poichè io non sono un accademico, per me il luogo della filosofia è dove sono. Se mi metto a far canzoni il luogo della filosofia è quello, e così se faccio teatro. L'altro tipo di filosofo ha un luogo

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