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di PAOLO CALCAGNO «LA MEDITAZIONE è come le scarpe che proteggono i nostri piedi.

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È una metafora stupida ma molto efficace, perché indica bene la protezione che ci permette di vivere le esperienze senza quel bagaglio di conseguenze che già conosciamo, senza le emozioni che si basano sulle abitudini e che peggiorano lo stress». Jon Kabat-Zinn, 61 anni, professore emerito della Facoltà di Medicina all'Università del Massachusetts, a Boston, fondatore della Clinica per la riduzione dello stress basata sul metodo della consapevolezza (specialità per cui è invitato a tenere seminari in tutto il mondo: il più recente a Milano, lo scorso 2 marzo), sorride del paragone tra meditazione e scarpe, utilizzato per presentarci il suo nuovo libro, "Riprendere i sensi" (Corbaccio, 585 pagine, 22 euro). «Liberarsi dalle conseguenze dell'esperienza momentanea è il grande insegnamento che ci ha dato Budda», aggiunge il profeta americano della consapevolezza e della sua integrazione con gli approcci psicoterapeutici più tradizionali, grande amico del Dalai Lama. Professor Kabat-Zinn, qual è la sua definizione di stress? «Come spiega Hans Selye, il padre della ricerca sullo stress, definiamo stress la risposta dell'organismo a qualsiasi sollecitazione esso venga sottoposto. Ma la cosa più interessante è che lo stress è diverso per ognuno: ciò che provoca stress per una persona non riguarda necessariamente anche un'altra. C'è lo stress per causa e quello per effetto (reazione). Inoltre, lo stress può anche essere una risposta a ciò che viene solamente percepito, ma che non esiste nella realtà: una reazione emotiva che è conseguenza dell'immaginazione. Quindi, sono fondamentali per lo stress le percezioni e gli stimoli che ci arrivano dal nostro punto di vista cognitivo». Pertanto, relativamente allo stress, gli aspetti psicologici possono essere pericolosi? «Certo, sono i più frequenti e pericolosi. In questo caso lo stress viene dal fatto che qualcosa accade e tu non vuoi che succeda, ostinandoti a sperare e a non accettare la realtà. Se combatti contro la realtà, inevitabilmente questa vince e ciò accade quando non sei capace di affrontare le cose come sono. Abbiamo tutti le nostre risorse interne quando ci sentiamo in pericolo, ma queste si esauriscono quando sono forzate da aspetti psicologici: facciamo un testa-coda. Perciò, occorre non essere passivi, ma valutare realisticamente il problema in modo da rispondere adeguatamente». E la consapevolezza ci può aiutare? «In 27 anni di lavoro ho realizzato test medici su 17mila pazienti contratti dallo stress, come se guidassero un'auto con il freno a mano tirato. La consapevolezza per i buddisti è il sesto senso, che esercitiamo dopo che abbiamo potuto "Riprendere i sensi" (i 5 sensi tradizionali di cui siamo dotati) nel momento presente. La meditazione non è rilassamento, è un atto di coraggio, uno stop, è fare esperienza del momento presente. Oggi, troppo spesso, siamo spinti a correre in fretta, a pianificare il futuro, a fare molte cose assieme senza esercitare la necessaria attenzione che queste cose richiedono (il cosiddetto "multitask"); inoltre, siamo assillati dal passato, dai ricordi, dalle recriminazioni. Pertanto, corriamo il rischio di guardare senza vedere ciò che i nostri occhi guardano in quel momento. Ecco, la meditazione è abitare il presente, è indirizzare la nostra attenzione al momento presente e, fondamentalmente, senza debordare nel giudizio». Per "Riprendere i sensi", quindi, non si deve evadere dal presente? «È meglio vivere che ricordare. Il Dalai Lama, che pratica la meditazione e conosce la consapevolezza, parla di guadagnare la felicità nel presente, non dopo. Ci possono essere punti di contatto con il passato, possiamo essere felici o arrabbiati, ma se non ci identifichiamo con quegli stati d'animo saremo sicuramente liberi. Ci vuole coraggio e amore per la vita in ogni momento: questo significa "Riprendere i sensi"».

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