Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Un universo di poesia nella vita dei monaci

default_image

  • a
  • a
  • a

UN UOMO solo per un film. E lungo quasi tre ore. È accaduto al tedesco Philip Gröning che si è chiuso per sei mesi nella Grande Chartreuse sulle Alpi francesi per seguire dal vivo l'esistenza dei monaci, i famosi Certosini, che l'abitano rispettando regole ormai millenarie. Obbedendo egli stesso a quelle regole: la cella, il refettorio per i soli pasti del mezzogiorno, le preghiere di notte e all'alba, sempre in un rigorosissimo silenzio interrotto solo, per qualche ora la domenica, quando i monaci, per una ricreazione in comune, lasciano le mure del monastero. E con altre precise regole da osservare, questa volta dal punto di vista del cinema: una sola macchina da presa fatta funzionare a mano, niente gente attorno, nessuna luce artificiale, nessun commento né parlato né musicale lasciando che, per le musiche, avessero unicamente spazio i cori in latino e in francese cantati dai monaci durante le loro funzioni. Quasi una scommessa, almeno se si pensa a come di solito si realizza un film, però vinta, e con tutto le carte in regola. I Certosini seguiti da vicino, anche con dei lunghi primi piani per dar rilievo i loro visi ascetici, anziani e giovani. Poi le loro vite, pienissime, con rituali che non lasciano loro mai soste. Le preghiere in comune in cappella, i pasti serali da soli chiusi nelle loro celle, i passaggi di tempo scanditi con metodo e con ordine da richiami forti di campane e da suoni esili di campanelle. Lo studio, su antichissimi volumi, ma anche i lavori umili, in cucina, nell'orto, nei giardinetti di fronte ad ogni cella. E anche - evento meno consueto degli altri - un ingresso nel monastero e nell'Ordine di due novizi, uno di colore, con la prommesa rituale di andarsene se non dovessero sentirsi all'altezza e di accettare di essere allontanati se gli altri, a loro volta, non dovessero considerarli adatti a quella vita. Ritmi lontanissimi, immagini che, seguendo le stagioni - da un inverno nevoso a una primavera alpina tutta fiori - si dipanano con un realismo sempre permeato da echi volutamente interiori all'insegna di una solennità - di accenti, di modi, di racconto - che invita solo al raccoglimento e alla contemplazione. Favoriti, appunto, da quel «grande silenzio» che è la nota dominante del film. La sua cifra poetica. G. L. R.

Dai blog