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Sellerio ristampa «Modeste proposte...», ironico saggio politico di Giuseppe Prezzolini

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Un intellettuale scomodo e le sue «provocazioni» per salvare l'Italia

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Chi legge non si scandalizzi. I "romani de Roma" non si indignino. I politici impegnati in questa avvelenatissima campagna elettorale non sospettino trappole. Non ci sono. Qui c'è soltanto la provocazione di uno dei più importanti protagonisti delle battaglie culturali e civili del Novecento che, senza alcuna volontà di compiacere né di dispiacere a Pinco o a Pallino, lancia la sua proposta. Attenzione: per il momento, vi diciamo solo che questo personaggio è toscano e, in quanto tale, ha il gusto innato del paradosso e dell'eresia, della beffa e dello sberleffo, della riflessione amara e dell'invenzione irriverente; che scrive nel 1975, dunque in pieni anni di piombo; che è un vecchio anarchico-conservatore, esule, prima, dall'Italia fascista (ha vissuto e ha fatto il prof. negli Stati Uniti per quasi vent'anni), poi, da quella antifascista (dal '68 vive a Lugano); che, realista e pessimista com'è, e da sempre, sa benissimo di parlare al vuoto o al vento; che, nondimeno, disperatamente spera in una piccola aristocrazia di "disperati dell'intelligenza" disposti, per lo meno, ad ascoltare e a sorridere. Ma andiamo aventi nella lettura. «Non mi muove a fare questa modesta proposta alcun personale interesse. Infatti non sono nativo di questo celebre paese, non vi posseggo alberghi, trattorie, teatri, caffè od altri locali pubblici di ristoro e divertimento, e nemmeno ville e fattorie, né vi abita alcun parente che io possa mettere a posto come portiere, segretario, guardiano notturno, netturbino, usciere, telegrafista, telefonista, dattilografa». Si badi bene: è una precisazione doverosa, in una società, quale quella italica, dove tutti stanno sul chi vive, e mai e poi mai si pensa che da qualcuno possa venir fuori un consiglio disinteressato. Invece al vecchio Giuseppe Prezzolini - è lui l'illustre personaggio, un pimpante ultranovantenne all'epoca della pubblicazione del saggio (morirà centenario sette anni più tardi) - nessuno potrà mai rimproverare, per dir così, "interessi privati in atti d'ufficio". Sia pure in quell'"ufficio", del tutto intellettuale, che consiste nello scriver libri. O libelli, ironici e polemici, come questo «Modeste proposte...», che Beppe Benvenuto ha ripescato dall'oblìo e riproposto per Sellerio (89 pagine, 7 euro). I puntini di sospensione illuminano il progetto: dunque, «modeste proposte scritte per svago di mente, sfogo di sentimenti e tentativo di istruzione pubblica degli italiani». Un bell'impegno. Un impegno coerente con un'intera vita all'insegna della creatività, della critica, di un intendimento di alta pedagogia che nulla avesse di saccente, di dottorale, di paternalistico. Il Prezzolini che nel '75 scrive il suo graffiante "pamphlet" può rivendicare settant'anni di straordinaria militanza culturale e civile: riviste come il «Leonardo» e la «Voce» sono state palestre di fervido dibattito, fecondando il terreno del fascismo sia quello dell'antifascismo. Ma andiamo avanti con la lettura. «È indiscutibile, e non saprei chi avrebbe il coraggio di fare obiezioni, che Roma con le sue chiese, emblema del trionfalismo cattolico; con le sue rovine dei templi pagani; con i suoi musei, pinacoteche e biblioteche (...); con i suoi palazzi e ville dell'antica nobiltà nepotistica; con le sue mura romane e medievali; con i pesanti ricordi dell'impero di Cesare e di quello di Mussolini, altro non possa ispirare agli onorevoli rappresentanti della nazione che suggerimenti megalomaniaci, ed inclinarli, purtroppo,al clericalismo, all'imperialismo, ed al passatismo». Robaccia. Roba pericolosa, oltretutto. E allora? E allora, visto che gli uomini moderni aspirano a una «felice mediocrità pacifica», trasferiamo Parlamento e Governo in una piccola città «linda, tranquilla,

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