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di DINA D'ISA UNA ANTIDIVA per eccellenza, una grande Signora del cinema, come Claudia Cardinale, ha ...

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Prima della proiezione di uno dei suoi film più raffinati, «Vaghe stelle dell'Orsa», la Cardinale ha offerto un ritratto inedito di sè, tra aneddoti e ricordi della sua straordinaria carriera cinematografica. A raccontare curiosità sui suoi numerosissimi ruoli, c'era anche il critico Gian Luigi Rondi, che ha ricordato quanto fosse profondo il rapporto tra la Cardinale e Visconti: «Un giorno, sul set del film «Gruppo di famiglia in un interno», Luchino mi disse che Claudia era come una gardenia, non si poteva andarle troppo vicino con la macchina da presa per paura di appannarla». Il rapporto tra la Cardinale e Visconti era particolarmente intenso: viaggiavano spesso insieme, Visconti aveva il vezzo di parlarle esclusivamente in francese e di chiamarla Claudine. Signora Cardinale, che ricordi ha del suo esordio? «Da piccola volevo fare l'esploratrice, ma a Tunisi fui notata da alcuni registi. A 15 anni girai con Omar Sharif. Nel 1958 ero sul primo set italiano, «I soliti ignoti: non capivo una parola e mi sembravano tutti dei folli che gesticolavano. Poi ho capito che in Italia è normale. Dopo «La ragazza con la valigia» diventai la fidanzata d'Italia. La prima persona che ho incontrato a Roma è stato Alberto Moravia: scrisse un libricino su di me. Ricevevo lettere da tutto il mondo: un contadino francese mi chiese in moglie per lettera e il direttore di un liceo mi pregò di intercedere con le ragazze affinchè non si tagliassero i capelli e coltivassero di più la loro femminilità». Qual è oggi il suo rapporto con l'Africa? «Sono di nazionalità italiana, cultura francese e radici tunisine. L'Africa è sempre dentro di me, con i suoi odori, i suoi paesaggi, ma certo, quando sono lì e mi offrono l'ennesimo tè alla menta, comincio a innervosirmi» Lei vive a Parigi e viaggia spesso, cosa pensa del cinema italiano? «È in ripresa. Ma le coproduzioni scarseggiano e in Francia arrivano pochi film. Di recente, Moretti, Giordana e Crialese, hanno avuto successo. Bisogna tornare a fare grandi coproduzioni, solo così i film italiani potranno girare di più in Europa. Io sono stata una privilegiata. Il cinema mi ha salvata, ero un'introversa e ho cominciato ad esprimermi. Sono stata una puttana e una principessa, ho fatto commedie e tragedie. Fuori dal set torno me stessa e vivo l'istante». Lei ha condiviso il set con grandi dive: com'era, ad esempio, il suo rapporto con la Bardot? «Ci divertivamo come matte quando giravamo «Le pistolere». Io ero un vero maschiaccio, montavo a cavallo e andavo al galoppo come una pazza e Brigitte dietro di me aveva paura. Mentre io amavo il pericolo, non ho mai avuto una controfigura, persino nelle scene più difficili. Amo la sfida e penso che la donna sia il sesso più forte». A quale dei suoi film è più legata? «Ho girato più di 150 film, però ovunque vada, per tutti resto l'Angelica de «Il Gattopardo». Da Visconti ho imparato la prima regola per recitare: gli occhi devono esprimere ciò che la bocca non dice. Ma l'emozione più forte è stata quando ho ricevuto il Leone alla carriera da Rondi». Come è stata la sua esperienza di Ambasciatrice dell'Unesco? «Fantastica. Mi sono occupata dei diritti delle donne e penso che ogni donna debba essere libera di scegliere. Anche se indossare il velo islamico o no. Io, però, non sono mai stata sottomessa».

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