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Paolo Ferrari «In fasce ero già attore»

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Avevo cinque anni e già sapevo che volevo fare l'attore. Non ho mai avuto alternative su ciò che avrei desiderato fare da grande». E il suo debutto? «Giovanissimo, in un film di Alessandro Blasetti "Ettore Fieramosca". Avevo otto anni e facevo una parte carina di un bambino che lavorava insieme a Gino Cervi». E poi come come è stata la sua vita? «La mia famiglia pretese giustamente che prendessi la maturità classica per aver poi la possibilità di scegliere tra due strade, fare l'attore o andare all'università. Non cambiai idea. A quidici anni e mezzo il diploma di maturità classica: saltai tre anni di scuola. Matematica chimica e fisica erano incomprensibili, ma compensavo con ottimi voti nelle materie umanistiche. A sedici anni mi trasferii con la mia famiglia a Torino. Divenni capo famiglia per circostanze tragiche. Persi mio fratello e poco dopo anche mio padre. Incominciai a lavorare facendo teatro a diciasette anni. Nello stesso anno borsa di studio all'Accademia d'arte drammatica. Giorgio Strehler, avevo vent'anni, mi scritturò per il Piccolo teatro di Milano». Ha sempre avuto grandi maestri? «Ho lavorato a teatro con i più grossi nomi di allora. Ho avuto davvero tanta fortuna e come tutti della mia generazione ho avuto la possibilità di incontrare grandi maestri. Ho imparato tantissimo». Ha presentato anche un festival di San Remo? «Sì, era il 1961. Una esperienza da fare solo una volta nella vita». Oggi in Tv con Orgolglio capitolo terzo. Le piace fare fiction? «A me piace fare l'attore. Si può recitare a teatro al cinema o in televisione e, perché no, anche facendo la pubblicità». Rinnega la pubblicità? «Mai, mai e poi mai. Mi ha permesso di comprare una casa e di vivere degnamente. Il teatro non ti arricchisce materialmente». Ama sua moglie da tanti anni, quale è il segreto? «Ci conoscemmo durante una commedia televisiva girata a Milano quattro giorni e le chiesi di venire a vivere con me. Viviamo in campagna e come nelle favole siamo felici e contenti».

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