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L'uomo di chiesa non fu solo fondatore del monachesimo occidentale ma anche l'iniziatore di un colossale progetto culturale

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In un'Europa che non sa più chi è, che fatica a riconoscere la propria origine, che - in poche parole - non è più in grado di guardare in avanti certa di una sua forte e precisa identità, il santo patrono del vecchio continente deve divenire oggi la guida, il faro cui guardare, la roccia cui appoggiarsi. Così potrebbe essere sintetizzato il lungo ed articolato intervento tenuto ieri sera dal presidente del Senato, Marcello Pera, nell'aula Paolo VI della Pontificia Università Lateranense. Una presenza, quella di Pera, motivata dalla presentazione del libro a firma Andrea Pamparana (vicedirettore del Tg5 ed editorialista de Il Tempo, nonché, come lo ha definito lo stesso Pera, «pregevole scrittore») «Benedetto. Padre di molti popoli» (edizione Ancora, 15 euro). Una presentazione impreziosita anche dagli interventi del rettore della Lateranense, monsignor Salvatore Fisichella, del decano della facoltà di filosofia della medesima università, monsignor Antonio Livi, e della vaticanista del Tg5, Marina Ricci. Duecentotrentadue pagine, diciannove documentati capitoli e una lunga appendice finale in cui sono racchiuse con cura tutte le fonti bibliografiche, sono l'insieme di un lavoro dedicato interamente alla vita e alla storia di Benedetto da Norcia, padre di molti popoli e per questo - come ha ricordato Pera che, tra l'altro, ha curato anche la prefazione del libro - «patrono dell'intera Europa». «Benedetto da Norcia, insieme ai grandi Cirillo e Metodio - ha spiegato Pera davanti ad un parterre ricco di personaggi tra i quali spiccava la berretta rossa del cardinale presidente dei vescovi italiani, Camillo Ruini - è stato il fautore principe della seconda grande evangelizzazione dell'Europa dopo la prima, quella dei santi Pietro Paolo». Fu lui che diede l'abbrivio a quella che lo storico inglese Christopher Dawson (1889-1970) definì «la seconda era della Chiesa dopo quella pionieristica iniziale». Egli recuperò il messaggio cristiano e lo propose, genuino, in tutta l'Europa. Da monaco isolato nelle periferiche Subiaco e Norcia, egli fondò tante piccole comunità monastiche che, a raggiera, contagiarono la vita pubblica, sociale ed economica di tutto il continente. «San Benedetto - si legge nella seconda di copertina del libro di Pamparana - non fu solo il fondatore del monachesimo occidentale, ma anche l'iniziatore di un colossale progetto culturale. Sotto la sua Regola, migliaia di monaci sparsi per l'Europa salvarono l'economia, i libri, il sapere degli antichi, la filosofia greca. Quando nel 529 Benedetto erigeva Montecassino, ad Atene Giustiniano chiudeva la Scuola filosofica fondata da Platone. I monaci raccolsero quella eredità, la arricchirono e la diffusero. Questa fusione tra Gerusalemme, Atene e Roma è l'atto culturale costitutivo di ciò che noi chiamiamo Europa, che oggi ha bisogno di Benedetto, forse più che di banche e burocrazia. A Subiaco c'è un'iscrizione: "Mai rifulgono tanto le stelle quanto nell'oscura notte". Benedetto è, in questo buio dell'oggi, una stella che riluce». Oggi, nell'Europa contemporanea, il miracolo culturale di Benedetto «ancora così visibile nelle tante opere d'arte che ci circondano» - sono parole di monsignor Fisichella - sembra essere svanito. «Il cristianesimo di Benedetto - è ancora Pera a parlare parafrasando Dawson - permise due cose: la formazione della società politica sul principio della professione pubblica della fede cristiana e, insieme, la formazione di una società in cui, grazie al cristianesimo, il meglio della cultura ellenistica venne assimilato, fatto proprio». Due conquiste che, secondo Pera, oggi sono andate perse. Da Galileo in poi, la separazione tra scienza e fede ha portato le verità della scienza a scontrarsi quotidianamente con quelle della fede. Non solo, anche la struttura stessa dello Stato moderno, laico ma soprattutto anti-religioso, ha portato la società civile a relegare la religione nel campo della soggettività, attuando così l'eliminazione della Chiesa dalla società stessa. E - sempre secondo Pera -

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