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Giambologna, il fiammingo amato dai Medici

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E allora è bene risalire alle origini del ruolo dell'intellettuale, cosa che ci permette di fare la bellissima mostra presentata fino al 20 agosto nell'insuperabile scenario espositivo del Colosseo: «Musa pensosa. L'immagine dell'intellettuale nell'antichità». Statue, ritratti, sarcofagi in marmo, vasi attici, rilievi, affreschi e mosaici ci fanno capire quale posto fondamentale avessero le arti nella cultura ellenistica. A proposito di fervida vita culturale il quinto centenario della scomparsa di Andrea Mantegna che si celebra quest'anno ci fa immergere nella fastosa e coltissima vita di corte dei Gonzaga, per i quali il grande pittore rinascimentale lavorò per oltre quarant'anni. L'occasione è data dalla mostra presentata fino al 4 giugno a Mantova, negli stessi ambienti in cui l'artista visse e lavorò e appunto intitolata «A casa di Andrea Mantegna. Cultura artistica a Mantova nel Quattrocento». Tra le opere in mostra spicca in particolare il suo «Redentore» del Museo Civico di Correggio. È stato il più grande scultore europeo della seconda metà del Cinquecento, era fiammingo ma si è formato e ha conosciuto il massimo successo in Italia, lavorando come artista di corte dei Medici. È Jean de Boulogne, passato alla storia come Giambologna, a cui solo ora viene dedicata la prima grande mostra monografica nel nostro paese. E che mostra! Si inaugura il 2 marzo nelle sale del Museo Nazionale del Bargello, a Firenze, sotto il titolo di «Giambologna: gli dei, gli eroi». Saranno esposti i suoi maggiori capolavori trasportabili, per cento opere che ben esemplificano la bellezza delle sue forme sensuali e dinamiche. Il suo successo era talmente grande che il Giambologna non riusciva ad esaudire tutte le richieste di opere nonostante una bottega piena di allievi che diffusero il suo stile in tutta Europa. Una mostra divertente e intelligente è quella che alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia presenta fino al 21 maggio 150 fotografie riferite alle Biennali che vanno dal 1948 al 1986. Ci sono molte foto di grande importanza storica e strappano parecchi sorrisi quelle più curiose: un perplesso Alberto Sordi che sbircia attraverso un nudo scultoreo e astratto di Alberto Viani, un enigmatico Salvador Dalì in gondola oppure la modella che spera di trovare qualcosa dentro un taglio di Fontana. È un'eresia, un atto di lesa maestà dire che il quotatissimo Francesco Clemente è un artista la cui importanza è sopravvalutata? È vero che è stato uno dei protagonisti della Transavanguardia, capace di riscuotere un successo internazionale, è pure vero che tramite la sua creatività prende corpo un visionario cortocircuito fra la cultura occidentale e quella orientale, ma se andiamo a guardare l'effettiva qualità della sua pittura restiamo alquanto delusi e con ben poche emozioni. In ogni caso merita una visita l'ampia mostra che a Clemente dedica fino al 30 aprile il MAXXI- Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo a Roma. Molti dicono che la pubblicità, la grafica, l'arte e la moda di oggi sono influenzate soprattutto dai graffitisti (writer) americani degli anni Novanta, i «nipotini» di Basquiat e Haring. E così la mostra «Beautiful losers», presentata alla Triennale di Milano fino al 19 marzo, documenta il lavoro di oltre trenta artisti provenienti dal mondo dello skateboarding, della graffiti art, del punk e dell'hip-hop. Al loro apparire questi artisti erano stati definiti dei perdenti, perché espressione di sottoculture marginalizzate. Ma oggi sono dei vincenti: molti di loro sono diventati infatti ricchissime star corteggiate dalle gallerie più potenti, artisti da milioni di euro. Qualche nome? Barry McGee, invitato anche alla Biennale di Venezia e Futura, uno dei primi a passare dal mondo della strada a quello delle gallerie. Nelle belle sale di Palazzo Crispi, a Napoli, dodici artisti vogliono dimostrare tramite cento opere che la vera creatività è «Senza pregiudizi», come

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