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Venditti jr: reciterei nel ruolo di Berlusconi

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«La politica italiana è surreale e per questo attira il cinema, da Moretti alla Guzzanti»

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Dopo «Il caimano» di Moretti, «W Zapatero» della Guzzanti e «Bye Bye Berlusconi» di Jan Henrik Stahlberg, arriva un'altra pellicola dai toni apertamente politici. Si tratta de «Il punto rosso», diretto da Marco Carlucci, prodotto da Primafilm e tuttora in lavorazione. Le riprese sono tutte romane e la storia è quella di Ricky (Fabrizio Sabatucci), che si convince ad abbandonare il mestiere del cabarettista per affrontare con coraggio una sfida più grande: entrare in politica. Tra i protagonisti del cast, anche Ernesto Mahieux, Angelo Infanti, Elisabetta Cavallotti, Claudio Insegno, Andy Luotto e Francesco Venditti, che nel frattempo sta terminando di girare «La freccia nera» per Canale 5. Francesco Venditti, qual è il suo personaggio in questo film? «Sono un figlio di papà, in una famiglia di finti ricchi. Vado in giro con macchine sportive, orologi di marca, vestiti firmati e quant'altro possa rendermi appariscente, pur di stare al passo con la moda. In realtà, vivo al di sopra delle mie possibilità economiche e sto in un giro di usurai, tra i quali s'imbatterà anche il mio amico Ricky che si vuole buttare in politica». Come mai, proprio adesso, tanti film sui politici? «La realtà della politica italiana è surreale e per questo attira il cinema, perché i registi possono riproporre parodie, gag e un mondo dell'assurdo, che invece è vita quotidiana. Il protagonista lascia il mondo della comicità, perché non lo fanno più lavorare in tv, a causa delle sue idee popolari e innovative. È un personaggio scomodo, ma è anche un cittadino come tanti stufo di questo sistema. Vuole un cambiamento, per rompere il gioco del clientelismo, delle finte libertà e delle corruzioni che alimentano una società atrofica e confusa. Questa storia mi è subito piaciuta. È vera: i media sono strumentalizzati e la libera circolazione delle idee oggi avviene tra la gente su Internet. Alla fine, nel film vince ciò che tutti sognano, l'uomo saggio e non il politico». Le piacerebbe interpretare la figura del nostro premier? «Un attore deve essere pronto a tutto. Reciterei persino la parte di un laziale pur essendo un romanista sfegatato. Allo stesso modo, mi calerei nei panni di un politico e non solo in quelli di Berlusconi. Credo che l'abbia già fatto Placido ne "Il caimano" di Moretti, un regista che ringrazio per come rappresenta il mondo italiano, con tutti i suoi pro e i suoi contro». Cosa si aspetta dalle prossime elezioni? «Mi piacerebbe che ciascun polo prendesse il 50 per cento dei voti. Sarebbe una spaccatura perfetta, a testimoniare che sia la destra sia la sinistra hanno stufato e non c'è nulla di nuovo nei loro programmi. Non c'è possibilità di cambiamento, almeno per ora. Però, a tutti e soprattutto ai giovani, consiglio di andare a votare a tutti i costi». Avete scelto di fare de «Il punto rosso» un film indipendente perché così è stato più facile raccontare la politica? «Indubbiamente con un film indipendente, anche se a basso costo, si è più liberi di realizzare ciò che si vuole. Non a caso, anche quella di Moretti è una cinematografia indipendente e poi è certo che nel nostro film ciascun attore ha interpretato la sua parte perché era davvero convinto e appassionato di ciò che stava interpretando».

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