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Mettete dei Fini nei vostri cannoni

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Disinvolto, spigliato (persino divertito) il ministro degli Esteri (l'erede di Sidney Sonnino, di Carlo Sforza, di Gaetano Martino, di Fanfani, Colombo, Andreotti, Forlani), Gianfranco Fini. «Anch'io ho provato uno spinello, non sono un marziano», ha confessato senza pudore. «è successo in Giamaica, insieme ad alcuni amici». Non a Roma, o a Ladispoli: in Giamaica, la terra di Bob Marley e della trasgressione. Poi ha spiegato: «Sono stato rimbecillito per due giorni». Conclusione: la prova è rimasta isolata. Poco tempo fa, anche Pierferdinando Casini, presidente della Camera, ha rivelato alle "Iene" di essersi fatto una canna. Fini e Casini - non serve ricordarlo - sono due goleador dell'attacco a tre punte del centrodestra. Libertario e libertino. Mentre Francesco Rutelli, leader della Margherita (ma con un innegabile passato radicale, al fianco di Pannella, promotore di tutte le campagne per la liberalizzazione della droga), ha negato - rispondendo anche lui alle domande delle "Iene" - di aver mai ceduto alle lusinghe degli stupefacenti. Inutile girarci intorno: non c'è più religione. Vai a fidarti della destra, ma vai anche a fidarti della sinistra. Manca solo che il Papa si pronunci a favore dell'aborto, e Bertinotti scenda in piazza avvolto in una bandiera americana. La destra si scopre trasgressiva e rocchettara, la sinistra bacchettona e moralista. Celentano dovrebbe trarne le conclusioni. Fini, naturalmente ha spiegato. Era facile accusarlo di incoerenza dopo aver voluto la legge che aggrava le pene per spacciatori e consumatori di droga. Ha chiarito che non è una legge contro i ragazzini che si fanno le canne: non sono norme repressive, ma di garanzia. È lo stesso Fini che, lo scorso anno - alla vigilia dei referendum sulla fecondazione assistita, cantò fuori del coro. Alleato del Cavaliere che, l'altro ieri, ha fatto un fioretto di astinenza (sessuale) fino alle elezioni: che magari, alla sua età, non è neppure un sacrificio eccessivo, ma quello che conta è il pensiero. Ma siamo sicuri che sia il caso di gridare allo scandalo? Dentro Alleanza Nazionale si interrogano. Dice Gasparri: «Quello di Fini è uno spot antispinello». Il senatore Lodovico Pace: «Il segretario ha ragione, non siamo marziani. Basta ipocrisie». Nicchia Buontempo: «Marijuana? A me bastava la politica. Comunque Fini ha sbagliato nella sua sincerità, mai mischiare pubblico e privato». Per Storace, invece, «questa sincerità è da apprezzare». Dalle fila di Alternativa Sociale ecco Alessandra Mussolini: «Quella sua canna mi lascia indifferente. Io comunque ho troppa paura per provarla». Gli antiproibizionisti, per parte loro, esultano ma ricordano che in «Giamaica il consumo di cannabis è illegale...». Come sia, ecco un brano da leggere con attenzione: la sorpresa viene alla fine. "Avevo diciott'anni, e studiavo a Grenoble. Capitai nelle reti di una signora russa che aveva una villa nei dintorni e che, per guarire da un grande e infelice amore con un celebre ballerino suo compatriota, ne imbastiva di nuovi ogni settimana fra noi studenti, seguendoci fin sui banchi dell'Università. Lì per lì restai abbagliato da quel che di esotico aleggiava intorno alla Circe, non più giovane e nemmeno particolarmente bella, ma fornita di un nome irto di K e di Y, di un passato misterioso e delle più inquietanti abitudini. Mi par di ricordare che le occorse poco per persuadermi ad annusare con lei la cocaina. Forse mi bastò la parola per sentirmene già drogato". Questo racconto fu pubblicato dal "Borghese" (settimanale cult della destra) nel 1956. recava la firma di Antonio Siberia, pseudonimo di Indro Montanelli, per molti decenni leader dei benpensanti italiani, uomo di destra (anche se le baruffe con Berlusconi lo condussero negli ultimi anni di vita a votare per il centrosinistra: ma sempre raccomandando ai suoi lettori di "turarsi il naso"). Sarebbe ingeneroso ironizzare sul naso e sul fiuto del grande gio

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