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«Dalle note di Mozart ho imparato tutto»

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Eppure l'olandese Hubert Soudant, uomo affabile ed artista raffinato, approda solo ora per la prima volta all' Opera di Roma, dove dirigerà da mercoledi 18 il Don Giovanni targato Zeffirelli. Dotato per il sinfonico come per la lirica, il direttore ha legato il suo nome al Mozarteum ed al Festival di Salisburgo, ma anche al Wiener Festwoche. Il che lo rende oggi uno dei direttori mozartiani più accreditati. «Come direttore del Mozarteum di Salisburgo ho frequentato con molta gioia per dodici anni la musica di Mozart - dice Soudant in una breve pausa nel suo camerino - Per un giovane direttore Mozart è essenziale più di Ciaikovsky o Richard Strauss. Da Mozart si impara molto, è un altro universo. L'ho studiato con un'orchestra che aveva una tradizione di centocinquanta anni con questo repertorio. Abbiamo fatto belle cose insieme anche in giro per il mondo. Dentro Mozart ti cambia molto. Importante è stato per me anche l' incontro con Harnoncourt per conoscere la musica dall'interno: la polifonia di Mozart. In lui non c'è solo la melodia, anche se bellissima. La grandezza della musica di Mozart è nelle voci interne, nei movimenti delle voci, nei cambiamenti di armonie. Da allora la mia vita professionale e umana si è molto arricchita. Oggi dirigo in maniera diversa anche Ciaikovsky, Bruckner o Strauss grazie a questa esperienza mozartiana». Ma quale è il segreto di questa eternità di Mozart? «Puoi studiare una frase di Mozart e domani trovarci ancora altre cose. Da questa musica non si finisce mai di imparare. La partitura ha sempre da insegnare qualche altra cosa che prima non si era vista. In ogni prova si scopre qualcosa di nuovo». Ma che opera è Don Giovanni? «È opera seria ma anche giocosa. Ha tanti lati e i personaggi sono vari: Donna Elvira è una nobildonna caduta per lo charme di Don Giovanni, Don Ottavio e Donna Anna rappresentano l'alta nobiltà. Eppoi c'è il popolo con Masetto, Zerlina e Leporello». Ma in questo Don Giovanni c'è un messaggio al di là della musica? «Il libertino è un esempio di lottatore a vita, di energie senza fine, della volontà di non arrendersi mai: per lui nessuna difficoltà è troppo grande, neppure la morte. Mi trovo per la prima volta insieme a Zeffirelli, ultimo grande regista italiano dopo Visconti e tanti altri. Lavorare con lui è un sogno. Non si può dare una situazione di lavoro migliore. Eppure ho lavorato con Pizzi e Ronconi. Zeffirelli ha una marcia in più: conosce anche la musica e tutti i piccoli dettagli della parola». Ci sono idee contrastanti in merito all'anno mozartiano: sarà una grande opportunità o un danno per la produttività musicale? «Musicalmente per tutte le orchestre del mondo suonare Mozart sarà solo un vantaggio per migliorare la qualità. Sono convinto che una orchestra che sa suonare Mozart, sa suonare tutto». E quali sono per lei i grandi interpreti mozartiani? «Per me ci sono due maestri oggi dai quali abbiamo da imparare per Mozart: Harnoncourt così attento alle radici barocche di Mozart, e Abbado, che ha una mistura tra italianità del canto e riferimento al barocco. Il suo Mozart è esemplare. Non posso più credere invece nei Mozart di Toscanini, Furtwängler, Karajan o di Böhm che mi sembrano datati. A me Mozart piace farlo in maniera più filologica. Quando si guarda la partitura si nota che molti tempi in passato erano resi troppo lenti, troppo caricati. Oggi Mozart invece risulta fortunatamente più scorrevole e interessante. Bisogna tenere presente l'architettura generale dell'opera». Cosa pensa della situazione della crisi della musica italiana? «C'è in tutto il mondo la difficoltà, anche in Giappone. Dobbiamo trovare altre risorse. Non penso che le cose potranno andare meglio in un immediato futuro. Ci vorrà tempo prima che l'economia possa riprendersi». Ma la grande musica potrà salvare il mondo? «Salvarlo non so, ma certamente può aiutarlo a renderlo più bello, miglore. Questo si. Non posso immaginare il mondo nè un essere umano senza musica e cultura». C'è

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