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Hollywood scopre il terrorismo

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In Usa si affrontano temi politici, l'Italia punterà sul cinema d'autore

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Oltreoceano, il modello cinematografico sembra ricalcare storie di spie, di militari e investigatori, con l'ombra del Medio Oriente che incombe un po' ovunque. A cominciare dal liberal George Clooney che, dopo «Good Night and Good Luck», ha prodotto e interpretato «Syriana», termine usato dalla Cia per definire la possibile ristrutturazione medio-orientale. Diretto da Stephen Gaghan (Oscar per il copione di «Traffic» di Soderbergh), il film, dal 3 marzo nelle sale, è una disillusa analisi degli errori e dei falsi Cia tra Libano e Paesi arabi: al centro della storia, domina il petrrolio, causa di guerre, di morti e di potere. Intanto, Steven Spielberg con «Munich», in uscita il 27 gennaio, ha già creato un caso politico, suscitando lamentele e polemiche da parte di molti israeliani e raccontando la vendetta organizzata dal Mossad contro Settembre nero, durante le Olimpiadi di Monaco del 1972: era l'alba del terrorismo mediatico e nel film tutto viene ricordato con una fotografia sgranata, tipica del cinema d'inchiesta degli Anni Settanta. Sam Mendes, con «Jarhead», in uscita il 17 febbraio, punta invece sui marines nella guerra del Golfo: giovani addestrati per attendere un nemico che spesso tarda a manifestarsi e ogni azione si consuma nell'attesa più frenetica e snervante. Ma certo il più incandescente del 2006 sarà «World Trade Center» di Oliver Stone, primo film di finzione sull'11 settembre: tutto è stato ricostruito nei minimi dettagli da Jan Roelfs che, il giorno del fatidico attacco terroristico contro le Torri Gemelle, si trovava sulla terrazza dell'Empire State Building con Lenny Kravitz per girare un video musicale. A parte l'onda con risvolti pacifisti e vetero hippy della conquista delle Americhe narrata da Terrence Malick in «The New World»(13 gennaio), con un magnifico Colin Farrell, Tom Hanks ne «Il Codice da Vinci» di Ron Howard, interpreta un investigatore esoterico alle prese con i segreti dell'Opus Dei. E se bisognerà attendere fino a maggio per vedere le acrobatiche peripezie di Tom Cruise in «Mission Impossible-3», anche l'Italia si prepara a sfornare i suoi mostri di celluloide, ancora una volta rivolti verso il cinema d'impegno. Ecco che arriva il 24 febbraio «Arrivederci amore ciao» di Michele Soavi, ispirato all'omonimo romanzo di Massimo Carlotto, dove il protagonista (Alessio Boni) è un attivista di estrema sinistra cotretto a rifugiarsi in America Latina, dopo aver ucciso un guardiano notturno. Ancora un romanzo, «La cura del Gorilla» di Dazieri ispira l'omonima pellicola di Carlo Sigon con un Carlo Bisio che si traveste da schizofrenico e insonne bodyguard per lasciarsi coinvolgere in un caso poliziesco. Mentre Carlo Verdone ci riprova, mettendo a confronto ne «Il mio megliore nemico» (10 marzo) una generazione ricca e matura — la sua — con quella più giovane e squattrinata, incarnata da Silvio Muccino, nelle sale del 2006 ci sarà il ritorno dei grandi autori italiani. Da Ermanno Olmi — che lancia sul grande schermo Raz Degan — a Giuseppe Tornatore; dal super politico «Il Caimano» (nei cinema a fine marzo) di Nanni Moretti al «Napoleone» di Paolo Virzì, (3 marzo) con Daniel Auteuil e Monica Bellucci che si calano nel 1814, nell'esilio napoleonico dell'Elba; dal felliniano «Il regista di matrimoni» (3 febbraio) di Marco Bellocchio al «Viaggio Segreto» di Roberto Andò; fino a «L'amico di famiglia» di Paolo Sorrentino, che chiude l'affresco di un'Italia sospesa tra sentimenti, pentimenti, ruberie e sopraffina arte di arrangiarsi. E se Roberta Torre in «Mare nero» (fine aprile) anima Luigi Lo Cascio nel morboso universo degli scambisti, Sergio Rubini continua a cercare le sue radici in Puglia con «La terra» (17 febbraio), dove Fabrizio Bentivoglio è un professore che torna da Milan

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