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Addio Felice, gran signore di campagna

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Dal «Derby» di Milano ai successi in tv, al cinema e a teatro

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Felice Andreasi si è spento domenica sera, a Cortazzone d'Asti, nel suo podere piemontese: è stato uno dei maggiori esponenti del teatro comico milanese, interprete principe di quella satira di costume, che ha lasciato il segno a partire dagli anni '60 e a cui aveva regalato la sua impronta di elegante ironia e di corposa umanità. Felice Andreasi era nato a Torino nel 1928 e avrebbe compiuto 78 anni il prossimo 8 gennaio. Come la maggior parte degli attori di cabaret della sua generazione, Andreasi aveva calcato il palcoscenico del «Derby», il mitico ritrovo milanese. Lì, la sua comicità pastosa e indolente, ma colta e graffiante come poche, si era messa in luce accanto ad altri personaggi emergenti, quali Enzo Jannacci, LinoToffolo, Cochi e Renato, Gianfranco Funari, per non parlare dei «Gufi», di Walter Valdi e di tanti altri, straordinari, innovatori della risata che con essi cessò di rimanere fine a se stessa per elevarsi al rango di narrazione comica, spesso surreale, quasi sempre poetica. Erano gli anni in cui una serata al «Derby» valeva un viaggio a Milano, come la visita a una grande mostra d'arte, o una giornata di passione a San Siro per un Milan-Inter. E Andreasi era fra gli appuntamenti da non perdere per i più raffinati fra i frequentatori dello storico cabaret di viale Monte Rosa. Personalmente, l'ho in mente, irresistibile e impietoso, nel fustigare con i suoi versi, le sue pause e i suoi sguardi da divertita rassegnazione, un'ottusa superbia nordista, declamando «Piemonte», di Giosué Carducci, e marcando volutamente gli strascichi dell'accento piemontese. Se non ricordo male, Andreasi ripropose questo suo cavallo di battaglia anche in tv, nel 1972, nella trasmissione di Jannacci «Il poeta e il contadino» che, con protagonisti Cochi e Renato, rivoluzionò il classico varietà dell'"ecco a voi". Per quei ragazzi fu un trionfo artistico e per essi si spalancarono le porte del cinema. Anche Andreasi balzò sul grande schermo, ottenendo un ruolo di rilievo in uno dei migliori film di Citto Maselli, «Il sospetto», del '73, con protagonista Gian Maria Volonté. Complessivamente, Felice Andreasi ha recitato in una trentina di film, fra cui «Storie di ragazzi e ragazze», di Pupi Avati, nell'89; e più recentemente «Pane e tulipani», di Silvio Soldini, nel 2000, in cui interpretava l'indimenticabile fioraio anarchico; «Nanà», di Beppe Varlotta, nel 2003; e «Ora e per sempre», di Vincenzo Verdecchi, nel 2004. Ma Andreasi vantava anche una prestigiosa carriera teatrale che nel '68 lo vide nei panni di «Mercadet», l'affarista di Balzac, e nell'89 in quelli del protagonista de «L'antiquario» goldoniano, diretto da Tedeschi. L'anno dopo, con Enzo Jannacci, Giorgio Gaber e Paolo Rossi, portò in scena un memorabile «Aspettando Godot» di Beckett. Oltre che sensibile interprete, Andreasi è stato anche scrittore (ha firmato diversi libri, fra cui la raccolta di monologhi e racconti «D'amore (diverso) si muore»), e apprezzato pittore. Nel suo studio di Cortazzone d'Asti teneva tantissime opere, molte delle quali hanno come soggetto le colline del Monferrato. Lo scorso anno, peraltro, al Battistero di San Pietro di Asti, aveva allestito la mostra «Felice Andreasi-I colori della collina». «Di persona l'avevo conosciuto - lo ricorda il regista Silvio Soldini - per il casting di "Un'anima divisa in due". Andai a trovarlo a casa e lì vidi per la prima volta anche i suoi quadri di cui avevo sentito tanto parlare. In quel film lui doveva fare la parte di un cuoco con un aiutante magrebino. Per "Pane e tulipani" mi sembrò perfetto nel ruolo del fioraio anarchico, e in effetti non avrei potuto trovare persona più adatta: lui avrebbe voluto che il suo personaggio fosse addirittura più ampio. Ultimamente, la primavera scorsa, l'avevo sentito per telefono e sapevo che non stava bene. La sua morte mi ha rattristato molto».

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