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«Variety» scopre il fenomeno dei politici italiani che prestano la voce ai cartoon

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Il cartoon è «Gli aristogatti» e il personaggio Romeo, «er mejo gatto der Colosseo». Sì, perché l'idea di dare una voce «illustre» a un pupazzetto, che nel tempo si è rivelata azzeccata e vincente, è di un italiano, e poi gli americani se la sono fregata. Più o meno come è accaduto con l'invenzione del telefono, della corrente elettrica, l'aereo e la bomba atomica (ma quella gliela lasciamo volentieri). Era il 1970 quando in Italia giunse da doppiare «The Aristocats», cartone animato miliardario (tanti ne costò e tanti ne guadagnò), prodotto dalla Disney. Il personaggio del protagonista capitò tra le mani di un ottimo attore e doppiatore, appunto Montagnani, che si divideva tra film buoni, meno buoni e la sala di doppiaggio, dove prestava la voce a Charles Bronson, Philippe Noiret, Michel Piccoli e tanti altri. Renzo provò, riprovò, si consultò con i colleghi e poi partì in quarta creando quel gatto alla romanesca che era molto di più del personaggio originale. Da allora gli italiani hanno continuato ad attribuire voci «speciali» ai cartoni animati: indimenticabile quella di Vittorio Gassman data al nobile leone Mufasa in «Il re Leone», del '94. Irresistibile il genio di «Aladdin» con la voce di Gigi Proietti, del '92. E proprio allora avvenne il furto. Gli americani pensarono che se funzionava per gli italiani (che da sempre sono la loro guida in fatto di novità, invenzioni e gusto, come dice Madonna: «Italians do it better»), anche loro potevano farlo. Proprio per quel genio di Aladdin scelsero una voce «particolare», quella di Robin Williams. Da allora, passetto passetto, la cosa ha preso piede ed è diventata una valanga. Chiunque produce un cartone animato si dà da fare per trovare doppiatori famosi e particolari. Filottete, precettore di Ercole in «Hercules» del '97 parla con la voce di Danny DeVito. Nel '98 nel super-film Disney «La Bella e la Bestia» per doppiare una vecchia teiera viene scelta Angela Lansbury (la «Signora in giallo»). Ormai quando si presenta un cartone animato non si parla più dei disegni, ma di quanto sono bravi, unici, originali i doppiatori. Gli italiani, detentori del «brevetto», non sono da meno. In sala di doppiaggio arriva di tutto: Luca Laurenti, Leo Gullotta, Claudio Bisio, Tiziano Ferro, Fiorello, Pino Insegno e ancora la telegiornalista Cristina Parodi, Luisa Corna, Dj Francesco, Amanda Lear. Tanto che i doppiatori (quelli veri) cominciano a risentirsi: «Questa è una professione seria, mica chiacchiere». A parte questo il peggio deve ancora venire. Infatti nel doppiaggio dopo attori, cantanti e telegiornaliste arrivano i politici. Apre le danze Ignazio La Russa che in alcuni episodi de «I Simpson» ha prestato (benissimo) la voce al cattivo Garth Motherloving. Prosegue il sindaco di Roma Walter Veltroni, che nella versione italiana di «Chicken Little» doppia il sindaco Rino il Tacchino. E visto che gli italiani sanno come lanciare le mode la prestigiosa rivista Usa «Variety», alla quale la cosa non è sfuggita, si domandava proprio ieri: e adesso a chi tocca? Forse vedremo presto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che fa il doppiatore? Ma visto che gli italiani lanciano le mode e gli americani le riprendono, se mai il nostro presidente del Consiglio decidesse di fare il doppiatore, dopo di lui sicuramente si cimenterebbe nell'impresa George Bush.

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