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«Caro Al Bano, sul Clan dici bugie»

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Don Backy risponde alle accuse che il cantante di Cellino ha mosso nell'intervista a «Il Tempo»

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Non ci perdo certo il sonno, avendo altre cose - e per me certo più importanti da fare - che seguire le tue varie diatribe artistiche e personali. Ti ho rivisto volentieri questa estate nel tuo feudo di Cellino e credo che la simpatia esternata da parte di entrambi, fosse reciproca e sincera. Ora però leggo questa tua dichiarazione su «Il Tempo» e - onestamente - mi ci sono sentito un po' coinvolto, anche se tu non hai fatto nomi. Anzi, proprio per questo. Perchè - se tu li avessi fatti - sicuramente io non mi sarei trovato (almeno spero), tra quei "presunti amici", che sparlavano di Adriano appena lui girava le spalle. Alla tua età e con la tua posizione (anche se capisco che bisogna sempre stare attenti a curare il proprio orticello), avresti potuto permetterti di farli questi nomi, così, tanto per salvaguardare quelli che non c'entrano. Altrimenti mi costringi a intervenire per provvedere da solo a salvaguardare il rispetto che ho di me stesso e quello avuto nei confronti di Adriano. Dunque, mi permetto dissentire su queste tue affermazioni per i seguenti motivi: tu credo sappia perfettamente che io sono l'unico ad aver fatto parte del Clan, per tutto l'arco della durata dell'idea originaria, e cioè dall'inizio del 1962 alla fine del 1967. Lo ricordo ai lettori più giovani - e non temo di sbagliare - che i fondatori del Clan, sono stati nel '62 i seguenti artisti: Adriano Celentano, Ricki Gianco, Guidone e io. Di contorno c'erano, il gruppo di Adriano, «I Ribelli» e quello de «I Fuggiaschi», che accompagnavano me. Oltre a Detto Mariano - l'arrangiatore - e Michi del Prete, il paroliere di Adriano. Tu - mi par di ricordare - in quel periodo non eri nemmeno all'orizzone. Usciti - dopo un anno circa, sia Gianco che Guidone, il loro posto fu preso da Gino Santercole e Milena Cantù. Il numero degli appartenenti al Clan - con il loro ingresso - fu ferreamente chiuso di nuovo. Per quel che mi è dato di ricordare, tu sei apparso - prodotto dal maestro Pino Massara - intorno al 1966, il quale, discograficamente, ti condusse alla Emi. In quel periodo, hai fatto parte - come tanti altri - della «Produzione spettacoli del Clan» (cioè dell'ufficio che trovava le serate ai diversi cantanti anche esterni, come te). In tutto questo, vorrei ascrivermi anche un piccolo merito nei tuoi confronti: mentre - mi risulta - facevi il cameriere al ristorante «Il Dollaro» - ebbi modo di ascoltare nell'ufficio di Massara, al Clan, un provino di un brano («Io di notte»), da te realizzato. Colpito dalla tua voce, mi affacciai per chiedere notizie e il buon Pino mi parlò di te e della buona possibilità di un contratto che stava chiudendo per te alla Emi. Mi recai subito nell'ufficio, dei nostri impresari, Dragone e Dalla Bona, e li "costrinsi" (nel vero senso della parola, dato che non volevano aggiungere altre spese), a inserirti nel foglio paga della rivista itinerante - della quale avevo il nome in ditta - al compenso di 15.000 lire, per tre canzoni serali. In un certo senso fu il tuo debutto. Credevo in te e nella tua voce e, non mi sbagliavo a quanto pare. Mi domando quindi, come fai a sostenere - a sproposito evidentemente - di ricordare «le grandi tavolate, con al centro Adriano...(?)». A parte il fatto che nel '66, lui era già abbondantemente sposato e di "grandi tavolate" nemmeno si parlava più (oltretutto, quando andavamo a cena tutti insieme, o a fare malestri negli alberghi, durante i nostri spostamenti, prima che si sposasse), al massimo eravamo in cinque o sei (tutti noi del Clan, con Milena, la sua ragazza di allora e - a volte - un paio di amici, il Memo e Probo (il Gallina), e sono certo che tu non c'eri. Le uniche cene presso le quali ti ricordo - invece - erano quelle tenute al bar Metrò di piazzale Loreto, dove nottetempo - nei dopo concerto della mia rivista itinerante - mi recavo con il mio gruppo «I Fuggiaschi» (buoni testimoni anche oggi), per uno spuntino e dove anche tu c

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