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Ignoto spazio profondo ma per Herzog è una fonte di poesia

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DALLA fine dei Sessanta, nell'ambito del cosiddetto Giovane Cinema Tedesco (Kluge, Fassbincer, Wenders, Schlöndorff), Werner Herzog si impose subito come l'autore più visionario, dotato di una splendida personalità in voluta contraddizione fra il ghiaccio e la lirica. Basterebbero, a celebrarlo, film come «Aguirre», «Kaspar Hauser», «Stroszek», «Cuore di vetro». Dai Novanta, al racconto ha mostrato di preferite il documento, ora con il gusto del sociologo ora con quello dell'entomologo. Oggi, pur legandosi in apparenza a questa sua seconda fase, con «L'ignoto spazio profondo» si è decisamente schierato sul versante della fantasia poetica o meglio addirittura del poema. L'idea di base, autonomamente derivata dalla fantascienza, è un viaggio interplanetario compiuto da un'astronave per cercare in altri pianeti delle possibilità di sopravvivenza per gli uomini minacciati dalla distruzione della Terra. Lo commenta, guardando negli occhi gli spettatori, un alieno che, con sembianze umane, narra contemporaneamente le vicissitudini oscure di molti suoi simili che, anni prima, avevano tentato di installarsi in mezzo a noi. Herzog, però, scandendo la sua esposizione in capitoli, segue soprattutto quel viaggio, prima all'interno dell'astronave dove, senza più forza di gravità, si muovono degli astronauti autentici, con spiegazioni, spesso, date da autentici matematici della NASA, poi all'esterno, a tu per tu con l'ignoto spazio profondo, e soprattutto qui vibrano le note più alte della sua poetica. Quasi senza effetti speciali, con vere nubi, veri ghiacci, veri cieli, sublimati da immagini cui largiscono echi altrettanto sublimi non solo delle musiche originali, ma Haendel, dei cori ieratici di pastori sardi, la voce nera del cantante senegalese Mola Sylla. Arrivando ad una stupefacente simbiosi fra musica e suoni, con effetti in cui ora prevale il lamento, ora lo strazio. mentre, con un abilissimo risvolto narrativo, si fa concludere il ritorno degli astronauti, usciti dal tempo, addirittura ottocento anni dopo la loro partenza, su una Terra desertica, tornata al vuoto delle origini... Si segue abbacinati e coinvolti, si ringrazia il cinema che, quando è gestito da un Poeta vero, può approdare a risultati unici, del tutto estranei a tutto quanto di solito, anche i suoi autori maggiori, riescono a proporci. Dei loro modi, in questa fantasia, resta la recitazione del noto attore americano Brad Dourif nei panni dell'alieno che commenta e spiega. Indirizzato comunque anche lui all'astrazione, più simbolo che non personaggio. In un reale che sa anche partecipare del sogno.

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