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MELLI E IL FINTO LOTITO

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Diciamo la verità, mancava un'esperienza del genere nel mio background culturale, che mi aveva portato a raccontare un po' tutto, dalle finali di Coppa Campioni alle partite della Nazionale. Perché serviva cominciare a stemperare gli animi, dopo una vita di corse a perdifiato e di viaggi aerei, di pezzi a misura, di annotazioni sul taccuini e di udienze del Processo di Biscardi. La vita da inviato ora è tranquilla, e le partite le seguo in uno stadio vuoto, come accaduto ieri, al Martelli di Mantova, perché c'è un monitor e non i movimenti dei ventidue in campo, una luce rossa che si accende e non le voci del terreno di gioco. Senza folla, con pochi conoscenti intorno, a chiacchierare anche di altro, non solo di football, moviole e verticalizzazioni. Perché esistono storie da sottolineare come quella di Maurizio Ferrini, dalle stelle alle stalle in un amen, prima di tornare vivo con l'"Isola dei famosi", di cui ieri era presente l'ultima formazione al gran completo. "Quelli che il calcio", ovvero due, tre protagonisti che gigioneggiano nel coro di tanta gente che parla, ghigna e mugugna, per cui, chiamati saltuariamente in causa, serve sintetizzare i pensieri, quasi fossero colpi improvvisi di un pugile, in rapida successione. Per restare impressi, per mandare al tappeto l'auditel, per divertire i telespettatori, e sperare che aspettino il collegamento successivo per ascoltare cosa si ha da dire ancora. Parole in libertà, a volte qualche cazzeggio, tanto per sdrammatizzare un calcio inselvatichito, che si prende troppo sul serio, vittima della globalizzazione che l'ha reso incomprensibile ai piccoli club, un'area dove ormai rientrano pure le romane, che osservano l'aristocrazia del football e soffrono da matti nel ricordo di scudetti che sono già preistoria. E allora via all'amabile chiacchierata con un finto Lotito, che sembra invece più reale del parsimonioso patron biancoceleste, al punto che Gene Gnocchi invita la Ventura a spiegarmi che si tratta di Max Giusti, e non del presidente vero. Ed io che fingo stupore, "giura Simo che questo è un clone, che non è proprio lui il vero Claudio Lotito". Risate, subito interrotte dall'entrata in scena di Valentino Rossi, uno che scherzando amabilmente su se stesso finisce per dire che fa l'amore con la stessa velocità con cui guida le moto. Altre risate. Roma e Lazio ai margini, nel limbo, quasi nell'anonimato, a metà strada fra chi stravincerà il campionato e chi andrà in serie B. Lo racconto, anzi lo raccontiamo, tentando di mascherare la malinconia, anche perché la vita è fatta d'altre cose e altrove sono tanti, troppi, i problemi davvero seri. Poca cronaca, le azioni a "mamma Rai" le racconta la radio, i presunti diritti d'informazione non l'hanno cancellata. Ma anche oggi le partite finiscono perché tutto finisce troppo presto nella vita. Arrivederci alla prossima giornata di campionato, dentro un altro stadio vuoto, chissà dove.

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