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Addio Age, «gemello» di sceneggiature con Furio Scarpelli

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AVEVA 86 ANNI

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E una pagina che, per vent'anni, a partire dai Sessanta, ha visto incisi insieme due nomi diventati quasi un'unica parola: Age e Scarpelli. Inutile oggi, nel momento mestissimo del commiato, analizzare come uno si distinguesse dall'altro, a parte, forse, il carattere, Age più dolce, Scarpelli più aspro, pronti però, all'unisono, facendosi complementari, a creare opere uniche che hanno lasciato il segno nella storia maggiore del nostro cinema, con il sostegno dei nostri registi di più riconosciuto prestigio. Ricordo, nei primissimi Cinquanta, Age per Totò: con Steno in «Totò cerca casa», con Mattoli in «Totò Tarzan». Prendeva l'avvio quel fortunatissimo filone della commedia all'italiana che, con il riso, era anche l'analisi di un costume, la frusta contro i vizi della società attorno, la polemica, sempre affettuosa, ma decisa sui suoi difetti. Via via, un film dietro l'altro, degli autentici capolavori, oggi, come si è imparato a dire, considerati ormai di culto: «I soliti ignoti» per Monicelli, «Sedotta e abbandonata» e «Signore e signori», per Germi, e poi ancora, per Monicelli, «La grande guerra», «I compagni», la coloratissima «Armata Brancaleone», il pensoso e sommesso «Temporale Rosy». Pronto a dare un contributo prezioso, caldo, vitalissimo ai film migliori di Scola, sia scopertamente umoristici come «Dramma della gelosia», sia inclini alla riflessione come «C'eravamo tanto amati», sia costruiti abilmente su una coralità quasi solo di testa, ma con graffi, come «La terrazza». Avendo già predisposto per Risi quella splendida occasione di farsa terribile che era stata «I mostri», con un seguito, «I nuovi mostri», d'un umorismo quasi feroce. Addolcito più in là per Manfredi in «Vedo nudo», e trasformato, per Lina Wertmüller nel carnevale sprizzante malizie e furbizie di «Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante di strada», dove, per Ugo Tognazzi, aveva costruito il personaggio di un parlamentare non certo risparmiato dagli strali pungenti della satira. Non più in sodalizio con Scarpelli, mi convinse ancora molto, alla fine degli Ottanta, con una sceneggiatura che aveva scritto per Alberto Sordi e Bernard Blier, «Una botta di vita», diretto da Enrico Oldoini. Era la storia dolceamara di due anziani che, quasi fuggiti dalle rispettive famiglie, si concedevano una vacanza fintamente erotica in Costa Azzurra. Mi disse in quell'occasione: «D'ora in poi, ho deciso, voglio scrivere solo di vecchi. Prima di andare in pensione anch'io». E da qualche tempo, silenzioso, ritroso, estraniato da tutti, era come se ci fosse andato da solo. Senza la richiesta di nessuno.

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