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Con Abbado e Pollini il sublime delle sette note

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ALL'AUDITORIUM CAPITOLINO

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S'apprezzi che la coppia di draghi non si cimenterà in brani carabattoleschi, o in pezzi-manifesti dell'insulsaggine novecentesca, o in opere arrugginite dello "stupido" Ottocento. No. Sfolgoranti al paro d'olimpici Iddii sul carro fiammante del talento, Abbado e Pollini c'ingioieranno di due capolavori paradimmatici della musica tutta: o siano il «Concerto per pianoforte e orchestra in la minore op. 54» di Robert Schumann e, il direttore da solo, a capo della virtuosa compagine svizzera, la «Sinfonia in mi minore n.7» di Gustav Mahler. Che voler di piú da un concerto?.... È capace che l'incontentabile ardirebbe sommessamente d'aggiungere: «Prezzi meno carestosi, ché una poltrona a centosessantacinque euri forse non è quanto di piú nutriente e salvifico sia dato propinare al mio precipite budget». Sbagliato, il mio caro! L'arte non ha prezzo che basti! Anzi, essa è impagabile in virtú ora degli abissi cupissimi ora delle superne vette che ti fa conquistare e infinitamente assaporare, onde ti rigeneri a impreveduta vita di spirito: a rinnovellati godii, a snebbiate opere. Abbado è il miglior direttore che si conti al presente. Lo stesso Pollini quale pianista. Ed il «Concerto» schumanniano vale la quintessenza della «Romantik», tra tremori e sorrisi d'una creanza adorabile. Per tacere della «Settima» mahleriana, che il pubblico acritico che ama Mahler a questa però non c'arriva tant'è grovigliosa e problematica, e soltanto uno del mostruoso calibro dell'Abbado sa dipanàrtela e chiarificàrtela fino a fàrtela dischiudere dinanzi: oceano tempestoso e pessimistico dell'umana sorte arcana. Esperienza, allora sí, indelebile. Corri! corri lettore! presto sarà sera: va' a pasturare il tuo cuore d'illusioni sante.

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