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Troppi tagli, il cinema sciopera

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Ma con la notizia della Finanziaria che ha tagliato il Fus (Fondo unico per lo spettacolo) di ben 170 milioni di euro, per la cultura sembra essere ormai giunta l'ora del de profundis. Ieri sono arrivate le ennesime reazioni del pianeta cinema, ma stavolta più dure e pronte a far scioperare le sale il prossimo 14 ottobre, alla notizia che il decreto salva-cinema - all'approvazione della camera dei Deputati - è stato fatto decadere dal Governo. «È la tegola che sancisce la crisi definitiva del cinema italiano: lo Stato ci ha ufficialmente abbandonato - hanno dichiarato ieri in un comunicato le industrie cinematografiche associate all'Anica -. Il Governo dimostra con i fatti che per il cinema non ha nessun interesse. La decisione si va infatti a sommare ai poderosi tagli riservati al cinema e allo spettacolo dalla Finanziaria 2006. È una decisione strategica, che lascia andare alla deriva un intero settore, ora nella crisi più nera mai subita. C'è ormai un clima di pesante sfiducia da parte degli operatori, a cui non resta che avviare una battaglia decisa e forte: lo dimostreremo a partire dalla manifestazione unitaria del 14 ottobre. Nello stesso tempo, l'Associazione ha chiesto un incontro/confronto urgente con le Istituzioni, in primo luogo Governo e Parlamento. Il presidente dell'Anica, Gianni Massaro, ha poi aggiunto che «il 14 febbraio si fermerà tutto il cinema, set compresi. Il malessere è forte e le responsabilità sono sia a destra sia a sinistra. Affossare il cinema significa affossare la cultura di cui è vettore ed è il sintomo di un Paese alla deriva economica. Oggi si fermano le sale, domani, chissà, potrebbe esserci l'assalto ai forni. Non resta che trovare risposta al perché si accaniscono tanto contro il cinema?». Immediate le reazioni da parte dei più grandi cineasti italiani, a cominciare da Bernardo Bertolucci che, prima di partire per Londra ha ribadito il timore che «forse dietro questi tagli c'è un disegno terribile per impedire al nostro cinema di raccontare il nostro Paese, sia in Italia sia all'estero». Per Roberto Benigni, «allo spettacolo non servono tagli ma molto tempo, denaro, talento e lavoro. La cultura, in Italia, conta sempre meno. Tutto lo spettacolo e il cinema in particolare non interessano più: credo sia questa l'opinione della maggioranza che si è trovata d'accordo nell'operare i tagli contenuti nella Finanziaria. Non c'è una fioritura dei giovani e mi dispiace, perché non ci si confronta. Per il produttore Alfredo Bini, che realizzò i più bei film di Bolognini e lanciò pure Pasolini come regista, «il malessere del cinema va ben oltre i tagli e parte dagli Anni Ottanta. Da allora, la cultura italiana è sparita, abbiamo avuto un secondo Rinascimento nel Dopoguerra e ora siamo 4 gatti nel mondo. Il taglio al Fus è relativo: al cinema verranno tolti una cinquantina di milioni di euro. Sono ininfluenti se si pensa che un buon film oggi costa 100 milioni di dollari». Puntuali le repliche del ministro Rocco Buttiglione, che ha sottolineato come sia «necessario un maxi emendamento alla finanziaria per ridiscutere i tagli alla cultura. L'ho già detto sia al presidente del Consiglio che al ministro delle Finanze. Non intendo chiudere questo o quel museo o teatro, la cultura è elemento fondante dell'identità di un Paese. Sono fiducioso che ci sarà un ripensamento sui tagli». E durante uno scambio di battute con l'assessore provinciale alla cultura, Vincenzo Vita, a margine di una mostra capitolina dedicata a Manet, Buttiglione ha suggerito che «se sospenderete anche per 4-5 ore l'ostruzionismo riusciamo a far passare il decreto sul cinema nell'interesse di tutti, anche soprattutto per il vostro». Dura la risposta di Vita: «Quello di cui stiamo parlando è una goccia nel mare, occorre ripensare a tutti i tagli che state facendo nel settore culturale». «Lo stop al decreto sul cinema mette in ser

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