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Esce in cd e dvd «Anfiteatro live», un concerto del cantautore emiliano

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Viva Guccini, tra lambrusco e poesia

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Ci tiene, il "cantautore" emiliano, a non avere un busto nel pantheon delle penne illustri. Perché guai a prendersi sul serio, quando a 65 anni suonati ancora vai a chitarra e lambrusco, e visto che ogni canzone «alla fine è fatta di fumo, veste la stoffa delle illusioni, nebbie, ricordi, pena, profumo». Però a credere in lui ci sono quattro o cinque generazioni di appassionati: da Ciampi in persona, che mesi addietro lo aveva nominato Ufficiale della Repubblica, ai ragazzini che magari lo scopriranno per una comparsata nel film di Natale di Pieraccioni. Splendidamente anacronistico, Guccini. Contraddittorio e vivo. Perché a chi lo crede un reperto in eskimo e borsa di Tolfa, un paleocomunista congelato dalla Storia, lui offrirà in cambio il prossimo giallo composto a quattro mani con Loriano Macchiavelli: la vicenda di un partigiano ucciso dai suoi ex compagni, per un delitto forse mai commesso. Vicenda scomoda, non da scrittore con nostalgia canaglia da apparatchik. Poi però, in concerto, ripropone da quarant'anni la sua liturgia ortodossa, che va da "Canzone per un'amica" a "La Locomotiva", transitando per "Dio è morto" e "Auschwitz"; e d'improvviso, tra i cori e i pugni chiusi, senti soffiare alle spalle, di nuovo, il vento della Guerra Fredda. Lui fa spallucce, e del suo classico sul lager nazista dice: «Quando l'ho composto, nell'ottobre del 1964, non pensavo che sarebbe durato tanto. Ma il merito non è il mio, è di quello che continua ad accadere». Questo, per inciso, è anche l'unico commento lasciato, nello spazio tra due canzoni, nel nuovo disco «Anfiteatro Live», registrato il 4 settembre di un anno fa a Cagliari. Ed è un peccato: perché nella versione dvd del concerto ritroviamo il Guccini formidabile battutista, che intrattiene il pubblico affabulando, giocando, minimizzando. Come all'Osteria delle Dame. "Canzone per un'amica" (quella che pochi si azzardano ad ascoltare in autostrada, ma che tutti ricordano...)? «Una cosa nuova, che forse pochi di voi hanno sentito», ironizza lui. «Cristoforo Colombo»? «È strano che uno di montagna come me scriva tante canzoni sul mare, ci sono stato la prima volta a 12 anni, a Genova. Quando l'ho visto ho detto "tutto lì"?». Gli urlano: «Sei grande!» E Francesco, pronto: «Sono alto, diverso, non sono grande». Nel disco, si diceva, i dialoghi sono stati tagliati, mentre il dvd offre anche degli extra. Un backstage girato prima dello show e quattro videoclip, tra cui quello di "Dio è morto", con immagini di repertorio degli anni Sessanta inframmezzate da disegni di Milo Manara. La musica, comunque, basta e avanza: e «Anfiteatro Live» è - con la sua continuità aristotelica - il documento fedele di una delle migliaia di serate felici di Guccini davanti al suo pubblico. Una qualità che i precedenti album dal vivo (da «Concerto con i Nomadi» fino a «Live collection») non sempre possedevano. Certo, notoriamente il Nostro non è un cantante puro, semmai un folksinger risciacquato nel Sangiovese. Ma i suoi storici accompagnatori (Vince Tempera, "Flaco" Biondini e tutti gli altri splendidi amici sbevazzoni di una vita) provvedono alla giusta coloritura musicale: così "Scirocco" è un portentoso tango con fantasmi, "Autogrill" un midtempo da avventura on-the-road, "Odysseus" svela timbri mediterranei, "Colombo" affonda in una malinconia cubana. Nessun inedito, va detto, e la parte del leone la fanno i pezzi di "Ritratti", il più recente cd da studio di Guccini. Ma tra il vecchio e il nuovo, tra la carta gialla tirata giù dalla soffitta e quella stampata dal computer, ogni pezzo sembra aderire ad una sorta di miracolo temporale, dove Francesco è poeta senza età, prodigiosamente illuminato dalla Parola. C'è l'insondabile dialetto modenese de "La Ziatta" (versione vernacolare della "Tieta" di Juan Manuel Serrat, già risciacquata in italiano da Limiti

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