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Caratteri mobili e cliché come nelle antiche tipografie

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Così poteva presentarsi la Pesaro settecentesca. L'impresa editoriale «Essere a Pesaro nel 700», un libro d'arte di rara bellezza, porta un contributo determinante nel rivalutare i valori culturali di quel tempo nella provincia pontificia. Si è detto un libro d'arte. È forse questo uno degli aspetti più significativi della pubblicazione in quanto l'editore Walter Stafoggia, si è avvalso della consulenza di Unaluna, che da Milano tramanda gli ultimi valori di una tipografia artigianale. L'edizione, recita il colophon, è stata curata in ogni sua parte da Alessandro e Fausto Olivieri, composta con caratteri mobili monotype e clichè, stampata al torchio pianocilindrico presso l'Officina Olivieri, tirata in 210 esemplari, riservata al gusto e al piacere dei bibliofili. A sua volta l'artista Oscar Piattella ha firmato il libro valorizzando così le sue sette tavole. Il progetto testuale è stato elaborato da Nando Cecini partendo dalla traduzione in italiano, per la prima volta, delle sette pagine che il viaggiatore francese Jean Jerome Lalande ha dedicato a Pesaro nel suo "voyage en Italie", compiuto tra il 1765 e 1766. In realtà si può dire che si tratti della prima guida di Pesaro, ancor più preziosa perché molte chiese e palazzi sono stati distrutti, e le opere d'arte descritte sono tutte emigrate nei musei francesi e belgi, dopo le requisizioni napoleoniche a cavallo tra Sette e Ottocento. Un libro dunque, quello dell'editore Stafoggia, che si raccomanda non solo per il valore artistico, tipografico, bibliofilo, ma è anche un raro segno di "amor patriae" abbastanza raro di questi tempi.

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