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Dal Canada una storia di poesia e speranza

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Le stesse cifre anche qui. Jeanne è medico in una cittadina. Un brutto giorno una sua paziente, madre di una bambina, cui lei stava rivolgendo varie cure, anche di natura psicologica, viene uccisa con la piccola dal suo compagno subito suicida. Jeanne che, pur presente, non avrebbe potuto far nulla, ne è così traumatizzata da allontanarsi dalla professione e da tutti, meditando il suicidio. Le farà cambiare idea l'incontro con un ragazzotto, François, che sta facendo una novena a Sant'Anna per la salute della nonna gravemente malata di cuore. Jeanne non è credente, ma vedendo con quanta dedizione François assista la nonna fino a quando gli morirà tra le braccia, riscoprendo la bontà umana, si riconcilia con la vita in cui ha visto, come ormai invece pensava, che non c'è solo il male. Un itinerario psicologico sottile, l'analisi di due caratteri, quello turbato della donna quello sereno nonostante il dolore del ragazzo. Più silenzi che parole, più stati d'animo fatti insensibilmente lievitare che non gesti. Con immagini che si affidano all'immobilità, sia in se stesse sia nelle figure che vi compaiono; con pause lunghe nei ritmi, per privilegiare molto più l'introspezione che non l'azione. Mentre attorno, nitide, reali, ma quasi incantate, si profilano le cornici d'acque e di campagne di un Québec lontano dal frastuono cittadino, con l'intenzione scoperta, e segretamente poetica, di proporlo come passaggio dell'anima. Senza mai sottrarsi, con questo, al reale. Una delusione, invece, il film inglese «The Piano Tuner of Earthquakes» (L'accordatore di terremoti) nonostante sia firmato da quei Quay Brothers, e cioè i gemelli Timothy e Stephen, già apprezzati dieci anni fa proprio qui a Locarno per un'opera prima in felice equilibrio fra realtà e animazione, «Institut Benjamenta'». Qui un po' di animazione c'è ancora ma la realtà, in modo stanco, partecipa quasi soltanto di un approssimativo surreale. Una cantante viene uccisa, uno scienziato pazzo la riporta in vita per farla cantare in un suo spettacolo cui gli altri partecipanti saranno solo degli automi da lui stesso fabbricati. Perché funzionino bene, però, ha bisogno di un accordatore di pianoforti e sarà questi che sventerà i suoi piani. Pochi colori, fra il grigio e il seppia, una cornice di fantasia che tende a emergere da un incubo, con una curiosa teatralità nei modi, nei gesti e nei dialoghi in cui tutto finisce per annullarsi. Un esperimento inutile. Pur con qualche sprazzo di intelligenza. Non dimentico comunque i premi, che qui quest'anno si attribuiscono di continuo. Altri due li hanno avuti Susan Sarandon, e il nostro Vittorio Storaro. Non dei dei Pardi, però, degli «Excellence Awards»... In omaggio all'anglomania sempre più di moda.

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