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Alessandria La verità sull'incendio

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C.da Giulio Cesare lo hanno scritto in molti, da Livio in poi, ma nell'immaginario collettivo il rogo del simbolo della cultura dell'antichità resta colpa degli arabi. Uno studioso spagnolo, dopo anni di ricerche, sostiene di aver trovato la chiave per spiegare l'enigma di questo «grande falso storico». Pablo de Jevenois, diplomatico, egittologo e autore di dozzine di libri di storia, ha presentato il suo studio ad una conferenza nella nuova Biblioteca Alessandrina, aperta nel 2002. La biblioteca modernissima arriverà a contenere 2 milioni di libri. Forse settecentomila, ne aveva la famosa Alessandrina voluta da Tolomeo I Filadelfio, quando le fiamme ridussero in cenere lo scibile umano, distruggendo i testi originali di scrittori, pensatori e scienziati greci, molti per sempre persi. Giulio Cesare era lì. Gli arabi arrivarono 688 anni dopo. La storia dice che per sfuggire alle truppe egiziane il condottiero romano fece dare alle fiamme 110 navi nel porto di Alessandria. Il vento che nel golfo soffiava allora come oggi sempre insistente dal mare verso la terra, portò le lingue di fuoco fino ai palazzi vicini, alla Grande Biblioteca. Non rimase nulla. Sulla distruzione venne fatto calare il silenzio. Quando i musulmani giunsero ad Alessandria non c'erano più biblioteche da distruggere, ma nel Tredicesimo secolo, sull'onda delle Crociate, nacque e si affermò la credenza, seppur priva di fondamento, che fossero stati loro su ordine del califfo di Damasco Omar I ad avere bruciato i libri. Autore del falso, secondo de Jevenois, è un armeno, cristiano convertito, Gregorio Bar Hebraeus (morto nel 1286), conosciuto anche come Abu el Faraj, che diede valore alle parole attribuite a Omar: «Se i libri non riportano quanto scritto nel Corano allora vanno distrutti, poiché? non dicono il vero. Se i libri riportano quanto scritto nel Corano vanno distrutti ugualmente perché? sono inutili». Faraj, spiega de Jevenois, viveva ad Aleppo, un cristiano sotto dominio musulmano in tempo di crociate cui non fu difficile elaborare una teoria di misfatti e violenze che si è perpetuata malgrado le evidenti incongruità storiche.

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