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Storie della Russia che sprofonda

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Gli operai irrompono nello stabilimento al grido di «Potere al popolo! Abbasso i capitalisti». Trasferiscono tutto il potere dal consiglio d'amministrazione in carica a un potente boss mafioso ammanigliato con i politici, gli ex cekisti e i militari corrotti della regione. Nei giorni successivi, mentre il Presidente Eltsin s'occuperà d'altro insieme al suo primo ministro, l'ex tenente colonnello del Kgb Vladimir Putin, il colpo di mano da gangster film d'Ekaterinburg verrà definito dai media russi una "rivoluzione operaia", come se la città si chiamasse ancora Sverdlovsk in onore d'un vecchio leader bolscevico scomparso nel 1924 (uno dei pochi che sia morto nel proprio letto). Giudici e poliziotti vigileranno sugl'interessi dei mafiosi. Qualche testimone sparirà; spariranno anche tutti i "concorrenti". Fedulev, il boss mafioso nuovo padrone dello stabilimento, sarà arrestato a Mosca per omicidio, ma verrà presto rilasciato. Nel giro di pochi anni diventerà il padrone di quasi tutte le grandi industrie degli Urali. È una delle tante storie che la giornalista russa Anna Politkovskaja racconta in un libro appassionato, La Russia di Putin, (Adelphi, pp. 296, 18 EURO). Trovate altre storie, non meno straordinarie e istruttive, amando naturalmente l'orrido, in un altro bel libro, E da Mosca è tutto, di Anna Zafesova, (Utet Libreria, pp. 200, 17 euro). "Corrispondente speciale" del giornale moscovita "Novaja Gazeta", nota ai lettori russi per i suoi articoli di denuncia dal fronte della seconda guerra cecena, Anna Politkovskaja è una giornalista scomoda non soltanto nell'ex Urss, dove regna il capitalismo mafioso, ma anche in Occidente, dove Putin viene gabellato come un moderno leader democratico. Anna Zafesova, corrispondente da Mosca della "Stampa", restituisce freschezza e dignità, con il suo libro, al grande reportage giornalistico, un genere che sembrava essere stato definitivamente sepolto dal cinema esotico e dai telegiornali. Anche il suo, più sobrio, meno vibrante, è il diario di bordo d'un viaggio nell'inferno post-sovietico, il mondo in cui Putin, un eroe agli occhi dei leader occidentali, brandisce il forcone e governa la nomenklatura degl'indemoniati. Naturalmente, lungi dall'essere un eroe, Putin è soltanto l'ultimo dei tiranni bolscevichi. È il leader tardoleninista che ha dato il colpo di grazia, assumendo poteri che l'Occidente non concederebbe mai a nessuno, alle ultime speranze della giovane democrazia russa. Tutte le storie raccontate da Anna Politkovskaja e da Anna Zafesova - dalle tragedie dei soldati e degli ufficiali morti in Cecenia nella guerra dichiarata da Putin per arruffianarsi gli Alti Comandi alle persecuzioni dei ceceni in Russia da parte degli apparati superstiti della polizia segreta - hanno lui per protagonista. C'è Vladimir Putin, con la sua indifferenza d'ex cekista per la vita dei suoi sudditi e per i loro diritti umani, dietro la deriva gangsteristica della Russia moderna, dietro la sua apocalisse economica, dietro la miseria delle moltitudini e le sfrenatezze delle bande armate. Mentre E da Mosca è tutto è un libro obiettivo, a tratti ironico e diverito, come ci si può divertire o fare dell'ironia in un cimitero, La Russia di Putin è un libro molto russo. Intenso e sentimentale come l'Arcipelago Gulag di Solzenicyn o il Diario d'uno scrittore di Dostoevskij, La Russia di Putin è giornalismo d'inchiesta ma anche testimonianza letteraria e quaderno di note personali. Anna Politkovskaja, con voce appassionata, ci accompagna nei sotterranei della Russia di Putin, il grande amico di Bush e di Berlusconi. È qui che incontriamo, tra gli altri personaggi di questa scoraggiante commedia umana, una cinquantenne, laureata in ingegneria, che negli ultimi anni del comunismo piangeva sulla spalla della Polit

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