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Smanie d'adozione senza divertimento

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OVVERO, giovani coppie, se volete adottare un bambino non andate in Cambogia perché finirete in un mare di guai. La morale, metà polemica, metà ironica del film di oggi, diretto da Bertrand Tavernier dopo quella felice escursione nel cinema francese durante l'occupazione tedesca di Parigi che è stato, nel 2001, «Laissez-passer». Lui e lei giovani sposi, però senza figli e desiderandone invece uno, ardentemente. Presto l'idea dell'adozione, destinazione Cambogia perché là, si sentono dire, ci sono ottime facilitazioni. Al contrario Lunghe settimane di attesa, difficoltà all'Ambasciata di Francia, complicazioni a non finire con gli organismi in loco, ufficiali e no. Mance, corruzioni di impiegati anche a nome dei loro superiori, intralci d'ogni sorta nei vari orfanotrofi, poi, dopo aver quasi superato tutto, la necessità di verificare, con accertamenti medici, lo stato di salute del bambino, anzi della bambina prescelta, la Lola del titolo. Con nuovi inciampi al momento di ripartire perché i visti d'uscita ritardano, gli aerei non aspettano, eccetera, eccetera. Non si può dire che tutto questo interessi o che, ai momenti voluti, riesca a divertire. I personaggi centrali, trascritti dalla figlia di Tavernier, Tiffany, un po' sulla base di un suo romanzo, hanno caratteri solo sbozzati, divisi tra le smanie dell'adozione, il furore per gli ostacoli in cui si imbattono, certi conseguenti scontri reciproci. E così i molti di contorno che, fra i locali e stranieri, tendono quasi solo a proporsi come documentazione del problema adozioni, colori convincenti. Nonostante Taverner, che sa bene cos'è il cinema, abbia coinvolto tutti (e tutto) in ritmi affannati: per arrivare a soluzioni fatte comunque ritardare in modo artificioso. I protagonisti, Jacques Gamblin e Idabelle Carré, si muovono solo all'insegna dell'agitazione.

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