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Il cinema è una forma d'arte e come tale va conservata, ma i costi sono molto alti I capolavori sono tantissimi, dopo l'allarme di Scorsese partite decine di interventi

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Da Monicelli a Fellini la mappa dei progetti

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Verrebbe voglia di prenderla in prestito, la battuta di Sordi, per «girarla» ad un altro grande vecchio del cinema italiano come Mario Monicelli del quale - dopo le celebrazioni per i 90 anni compiuti da poche settimane - l'Associazione Philip Morris Progetto Cinema ha annunciato il restauro de «L'armata Brancaleone», del 1966. La buona notizia è che il lungo lavorìo attorno alle copie dei più importanti film del nostro cinema non solo non si arresta ma, malgrado gli ingenti costi del restauro (e le incertezze legislative: a chi appartiene il film restaurato? Al restauratore? Al produttore originario, che magari se ne era dimenticato?), prosegue senza soste. Quella cattiva, come sempre, è che la salvezza del patrimonio cinematografico del passato, ed ora anche del passato recente, è sempre più una disperata lotta contro il tempo. Il tempo che devasta le pellicole di cui esiste solo la copia positiva, ridotta in stati miserandi dall'assenza di qualsiasi cautela nella conservazione (incuria avallata fino a pochi anni fa anche dalla stessa legge che non obbligava il produttore a depositare presso la Cineteca nazionale la copia internegativa del film limitandosi ad una copia qualsiasi. Spesso, di quelle già passate mille volte nelle sale. Come se di una foto di 50 o 60 anni fa non si conservassero i negativi, ma solo una stampa..), ma anche una battaglia contro quella tendenza all'oblìo, contro quell'assenza di memoria storica che, specialmente in Italia, porta a dimenticare tanti talenti del nostro cinema passato. Il primo a lanciare un allarme concreto, riguardo al cinema americano è stato Martin Scorsese (poi seguito da Steven Spielberg), che negli anni ottanta richiamò l'attenzione mondiale sullo stato di deperimento delle pellicole dei vecchi film, annunciando cifre e percentuali da brivido (dati purtroppo realistici) sui film ormai irrecuperabili. La situazione denunciata da Scorsese si rivelò da noi ancora peggiore di quella americana. Carenze legislative, furbizie produttive, risparmi sulla conservazione, hanno ridotto il patrimonio cinematografico italiano di circa la metà, con l'urgenza di salvaguardare l'altro 50 per cento attraverso interventi urgenti. Per questo, negli anni '90, i progetti, le associazioni, persino gli interventi diretti di Enti territoriali o dello Stato si sono moltiplicati fino a raggiungere dei risultati quali-quantitativamente buoni ma purtroppo mai definitivi, mai esaustivi, sempre bisognosi di un altro titolo, di un altro film da salvare, perchè il tempo deteriora le vecchie pellicole senza alcuna misericordia. Un'emergenza oggi lievemente stemperata dal mercato dei dvd, che porta al restauro pressochè obbligatorio dei film messi in commercio, e dalle tecniche di rigenerazione più moderne (ma costose). E se tra i compiti delle cineteche ed istituzioni cinematografiche pubbliche - prima fra tutte la Cineteca Nazionale di Roma, presso il Centro Sperimentale di Cinematografia - c'è quello della salvaguardia, restauro e conservazione del nostro patrimonio cinematografico, tra le associazioni continuativamente più attive nel settore dei restauri ne vanno citate almeno due. E cioè «L'Associazione Philip Morris Progetto Cinema, fondata nel 1991, che in stretta collaborazione con le cineteche più importanti, con le fondazioni e con il patrocinio di comuni e regioni (importantissima, nel 1997, la campagna «Adotta un film: 100 film da salvare», promossa dalla presidenza del Consiglio e dall'Associazione nazionale dei Comuni Italiani), nei suoi restauri diretti da un grande maestro della fotografia come Peppino Rotunno ha intelligentemente spaziato dal colore al bianco e nero. Con un ritmo di circa u

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