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«Che fatica essere madre e scrittrice»

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Pontiggia la spinse alla narrativa. «La memoria è tutta al femminile»

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Le mamme a volte scrivono. Come Claudia Pozzo, giovane e bionda signora trentina, marito, tre figli, che oggi al Salone del Libro a Torino presenta il suo primo romanzo, saga familiare ambientata sul lago di Stresa nell'arco di cent'anni. «Carmen dei sogni» (Sonzogno), è l'esordio di una donna normale, da sempre appassionata di scrittura. Signora Pozzo, oggi è la Festa della Mamma: la festeggeranno? «A me piace ma i miei non se ne curano. Però riconoscono la mia dedizione in altri modi». Scrive perché la vita da mamma non le basta o perché "straripa"? «Mi sono sposata a 19 anni, poi è arrivato Niccolò', a 23 ho avuto Lorenzo ma sentivo che la famiglia non era tutto. Ai giardinetti una mamma giornalista mi disse "prova". Da quel momento scrittura e famiglia sono andate in parallelo». E la famiglia? «Scrivevo articoli. I sensi di colpa sono arrivati quando ho capito che volevo scrivere qualcosa che partisse da me. A 27 anni scrissi il mio primo romanzo, "immaturo" ma finì nelle mani di Giuseppe Pontiggia che mi spinse a continuare». E ora? «Prima ancora è arrivato Giovanni. Ora scrivo tutti i giorni». «Carmen dei sogni» racconta di madri, figli, nascite, morti: avrebbe potuto scriverlo anche un uomo? «Non credo: ci sono ambiti che gli uomini affrontano difficilmente, quasi per snobismo. Ma sbagliano: la letteratura è tutto ciò che tocca la vita». Parliamo di stereotipi: gli uomini viaggiano e le donne aspettano piegando corredi, conservando diari. Nel suo libro le storie sono raccontate da donne: la "memoria" è un esercizio puramente femminile? «Sì, perché noi siamo custodi della vita, abbiamo un rapporto stretto coi figli. Amo raccontare perché ascoltavo una zia che aveva vissuto la guerra, questo ha forgiato il mio modo di essere e di scrivere, il senso del racconto del passato. Mi piace collocare la narrazione ai primi del Novecento». L'hanno "avvicinata" a Rosetta Loy: vengono in mente «La bicicletta» e «Le strade di polvere» con case di famiglia, il tempo che scorre. Ci si ritrova? «"Le strade di polvere" mi ha segnata, ho letto due volte "Sogni di inverno". La Loy scava nei personaggi con tratti brevi ma efficaci, mi ritrovo nella sofferenza dei suoi protagonisti». Per il suo gusto della saga sudamericana, l'hanno avvicinata anche ad Isabel Allende: quali autori l'hanno influenzata? «Il romanzo sudamericano mi ha sempre affascinato per lo stile, la cadenza come una nenia, come nei racconti orali fatti di giochi di parole. Penso al magico Marquez e al suo modo di rendere l'altra faccia delle cose. Ha inciso su di me anche Virginia Woolf e il suo "flusso di coscienza" che a volte pare delirante. E anche "Opinioni di un clown" di Boll: arrabbiato, sarcastico, con lui ho capito il messaggio della scrittura per il risveglio delle coscienze».

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