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Tarita Brando: «La mia vita d'inferno accanto a Marlon»

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Lo fa in un libro, «Marlon. Il mio amore, la mia ferita», che esce in esclusiva mondiale domani in Francia. Tarita, che oggi ha 65 anni, ricorda quei giorni del 1960 quando la sua storia d'amore con il bello del cinema cominciò. Era stata chiamata sul set de «Gli ammutinati del Bounty» per interpretare Maimiti, la figlia del re di Tahiti della quale Brando si innamora. Dal libro della donna, che sarà tradotto in molte lingue - l'esordio in francese è stato voluto dal legale di Tarita che viene dalla Francia - emerge un uomo volubile e destabilizzante. Addirittura crudele in alcuni tratti, come quando chiede disperatamente alla donna di avere figli che poi non si decide a riconoscere. Violento, preda di vere e proprie furie, il protagonista de «Il padrino» istiga anzi più volte Tarita all'aborto, e una volta - racconta nel libro - la lasciò sanguinante a Londra dopo averla picchiata e frustata con la cinta dei pantaloni. Quanto ai rapporti con il resto della famiglia - lacerante quello con la figlia Cheyenne, che morì poi suicida - Brando, racconta la vedova, non era in grado di capire le sbandate della ragazza, che si rifugiava nella droga. La morte della figlia è stata proprio l'ultima e la più grave delle "ingiustizie", quella che Tarita non ha mai accettato. Lionel Duroy, il giornalista francese che ha aiutato la tahitiana a trasformare il suo diario in libro, racconta che nelle prime ore dopo la morte di Cheyenne, Tarita «non ha fatto che piangere» e raccontava «di quando Marlon aveva tentato di ucciderla con il fucile». Duroy è stato uno dei pochi a riuscire a penetrare nell'intimità di casa Brando, per raccogliere le memorie di Tarita negli ultimi mesi di vita del marito: l'attore non sopportava gli estranei, li cacciava via a bottigliate, e con il tempo il suo carattere era peggiorato. Nonostante ciò, Ducroy ha potuto visitare una parte della casa di famiglia e la descrive. Ma perchè Tarita è rimasta tanti anni con un uomo così? Nel libro, emerge che, accanto alla paura che Marlon le infondeva, la donna si sentiva in qualche modo al sicuro. Perchè, afferma, «tutto quello che gli chiedo, lui me lo dava». «Si sentiva garantita - spiega Ducroy - da un uomo al quale nessuno riusciva ad arrivare neppure alla caviglia. Una volta che si finiva nelle maglie di Brando, si era in trappola».

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