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di GABRIELE SIMONGINI «LE COSE banali sono il miglior punto di partenza per le proprie scoperte.

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Anselm Kiefer (classe 1945), quando parla e racconta le proprie esperienze, fa di tutto per sfatare il mito di genio assoluto dell'arte contemporanea che lo circonda. Eppure il critico d'arte americano Scott Watson si è spinto fino al punto di scrivere che il «il genio di Kiefer può essere paragonato solamente con quello di Wagner o di Beethoven». E al contempo quando si pensa ai grandi progetti realizzati dall'artista tedesco in questi ultimi anni non si può fare meno di restare ammirati dalla forza visionaria e dalle profetiche intuizioni delle sue invenzioni. Straordinario successo sta avendo a Milano, nell'Hangar della Bicocca, la sua gigantesca installazione dei «Sette palazzi celesti» (a cura di Lia Rumma), sette monumentali torri alte fra i 13 e i 16 metri, concepite dall'artista come possibili vie verso l'ascesa spirituale ma anche come precarie costruzioni votate ad un possibile disastro. E dal 27 gennaio all'8 marzo Anselm Kiefer darà vita ad un grande progetto espositivo intitolato «Die Frauen» nelle Gallerie e nei giardini di Villa Medici, a Roma, evocando un viaggio iniziatico, mitico, storico, immaginifico fra le grandi donne del passato, dalle divinità e dalle poetesse dell'antica Grecia alle Regine di Francia, da Saffo, Berenice e Dafne a Madame de Stael. E non a caso recentemente Kiefer ha realizzato la scenografia e i costumi dedicati a una tragica figura femminile della mitologia greca, Elettra, nell'opera di Richard Strauss andata in scena al Teatro San Carlo di Napoli. Un denso mistero circonda ancora la mostra di Villa Medici, anche perchè l'artista giungerà a Roma domani e solo così prenderà forma il vero e proprio evento espositivo: grazie al suo intervento diretto, fra i dipinti, libri, disegni, sculture e installazioni che racconteranno tante storie al femminile. Nonostante nel suo lavoro ricorrano innumerevoli riferimenti storici, mitici, alchemici, cabalistici, cosmici, Kiefer afferma decisamente di non sentirsi un artista «né simbolico né allegorico. Io mi affido alle cose e tento di dare immagine al mistero che sta dietro di esse». Kiefer ha sempre cercato di immedesimarsi anche nei più tragici eventi del passato, dando vita ad opere che hanno scosso l'opinione pubblica tedesca e internazionale. E ciò è accaduto già a partire dal 1969, con le fotografie della serie intitolata «Simboli eroici» in cui l'artista si autoritraeva con il braccio teso nell'atto di ripetere il saluto nazista, in molti luoghi emblematici della storia europea o magari di fronte a paesaggi tipicamente romantici. «Non mi identifico con Nerone né con Hitler - dice - ma devo rimettere in scena almeno in parte ciò che hanno fatto per capirne la follia». E Kiefer confessa di dover includere se stesso, per lo meno in teoria, tra quelli che hanno preso parte all'apocalisse del Terzo Reich, «semplicemente perchè oggi non posso sapere che cosa avrei fatto allora. Tra gli uomini è tutto possibile. Da qui viene il mio stupore». Col passare degli anni l'arte di Kiefer ha conquistato un'aura sempre più universale, volta a rispecchiare tutte le contraddizioni dell'esistenza contemporanea, anche se sotto il cielo cupo di una visione sostanzialmente tragica. E per capire veramente la sua aspirazione all'opera d'arte totale bisognerebbe spingersi fino alla sua immensa tenuta-atelier di Barjac, in Francia, a 170 chilometri da Marsiglia. Lì, su un'intera collina in mezzo alla campagna, per complessivi 35 ettari, trova spazio il lavoro multiforme di Kiefer. Un camminamento sotterraneo collega le decine di casematte, serre, costruzioni nella quali l'artista tedesco lavora e deposita le sue opere. La sua abitazione, una casa provenzale in pietra, si affaccia su un piazzale pieno di container e cumuli di lastre di piombo, metallo molto amato da Kiefer in quanto «materiale per le idee» che era il punto di partenza degli alchimisti per il processo di estrazione dell'oro. Ecco, Kiefer si sente un po' come un alchimista della nostr

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