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In un libro la storia degli uomini che garantiscono la sicurezza del Pontefice

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I bodyguard di Sua Santità

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In parallelo, chiama in causa gli addetti alla sicurezza, tanto più che il Papa regnante, miracolosamente scampato a quella terribile prova (nell'anniversario dell'apparizione di Fatima), ha continuato imperterrito a inanellare i suoi viaggi pastorali nei cinque continenti, acconciandosi tutt'al più a girare tra i fedeli in un'auto blindata speciale. Su questo argomento, ovviamente delicato, proietta nuova luce Glaugo Benigni, dirigente Rai, con un saggio («Gli angeli custodi del Papa», Utet, 343 pagine, 19 euro) che riporta anche testimonianze dirette, come quella del «generale del Papa», cioè di Enrico Marinelli, ex dirigente dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano. Impressionante l'elenco degli attentati e delle minacce contro Papa Wojtyla dopo il 1984: Corea del Sud, America Latina, Olanda, Australia, Medio e Vicino Oriente... L'epoca in cui viviamo è unica (e atroce) anche sotto questo aspetto. Perché l'ombra del terrorismo si allunga fino al Soglio di Pietro e Al Qaeda, ricorrentemente, vi ha fatto un esplicito riferimento. Non sapremo forse mai l'opera di «intelligence» posta in atto, non soltanto da parte dei «servizi» delle nazioni allertate in occasione dei viaggi del Papa, ma dei «nostri» apparati di sicurezza. È fuori discussione che dopo il 13 maggio 1981 e dopo il giro di vite degli ultimi anni, nel contrasto anti-terrorismo, nulla è stato come prima, per l'ovvia considerazione che il Papa risiede a Roma e ne è il suo Vescovo. Il problema della sicurezza del Pontefice si pose per lo Stato italiano all'indomani del 20 settembre 1870, con la necessità di garantire al Papa un proprio apparato di sicurezza, dopo lo scioglimento per «debellatio» dell'esercito pontificio. L'articolo 3 comma 2 della Legge delle Guarentigie, nel tentativo (respinto da Pio IX) di regolare le relazioni col Vaticano recitiva: «Il Sommo Pontefice ha facoltà di tenere il consueto numero di guardie addette alla sua persona e alla custodia dei Palazzi senza pregiudizio degli obblighi e doveri risultanti per tali guardie alle leggi vigenti nel regno». All'epoca, i corpi armati pontefici comprendevano non soltanto le Guardie Svizzere (che si fecero sterminare nel sacco di Roma del 1527), ma anche la Guardia Nobile del Corpo di Sua Santità, la Guardia Palatina d'onore, la Gendarmeria Pontificia (oggi Corpo di Vigilanza dello Stato Vaticano). Il Papa si chiuse in Vaticano fino ai Patti Lateranensi, dell'11 febbraio 1929. All'articolo 8 di tali Patti si leggeva che l'Italia «considerava sacra ed inviolabile la persona del Sommo Pontefice, dichiarava punibile l'attentato contro di essa e la provocazione a commetterlo con le stesse pene stabilite per l'attentato e la provocazione a commetterlo contro la persona del Re» (dicitura che venne in seguito aggiornata con «Presidente della Repubblica». Il successore di Pio XI, Papa Pacelli, dovette guardarsi da ben altre minacce, dal momento che si è sempre parlato di un piano dei nazisti per rapirlo. Il secolo Ventesimo riservò di queste sorprese. Cento anni dopo Porta Pia, con Paolo VI, venne disposto lo scioglimento dei corpi armati pontifici, ad eccezione delle Guardie Svizzere. Ma proprio il Papa «riformatore» sfuggì a un attentato a Manila. Nella nutrita rassegna di fatti e misfatti che fa Glauco Benigni, non mancano i «gialli», veri o presunti. Come l'improvvisa morte di Giovanni Paolo I e la fine violenta — entro la cinta della Città del Vaticano — di Alois Estermann, della moglie e di un sottufficiale delle Guardie Svizzere, delle quali Estermann era il capo; ma sembra che lavorasse per conto della Stasi, il servizio segreto della Germania comunista! Insomma, non proprio «un angelo custode del Papa». Si ricava dalle pagine del libro che molti dei 264 Papi (e dei 36 Antipapi) che si sono succeduti, da San Pietro a Giovanni Paolo II,

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