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di MARIDA CATERINI LA TELEVISIONE come «agorà» televisiva del terzo millennio.

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Sembra che negli ultimi tempi casi del genere si sono moltiplicati, coinvolgendo i protagonisti dell'attuale stagione televisiva. Uno degli ultimi casi interessa Amadeus. Domenica scorsa il conduttore, ospite di Mara Venier a «Domenica in», affermava di sentirsi ancora il padrone di casa della futura edizione di «Music farm», reality da lui presentato la scorsa primavera. Mentre su Raidue, solo qualche ora prima, all'interno di «Quelli che il calcio», tutti davano per scontato che a gestire il programma, previsto per la primavera del 2005, sarebbe stata Simona Ventura. La polemica di Amadeus è destinata a rinfocolarsi. Il conduttore adesso minaccia un possibile abbandono, il prossimo anno, di «L'eredità» preserale di Raiuno da lui portato al successo, perché a suo dire, nessuno gli ha mai comunicato che dovrebbe lasciare «Music farm». Il campione delle esternazioni resta, però, Adriano Celentano che, dopo aver sbattuto la porta in faccia a Raiuno, non ha resistito alla tentazione di affacciarsi su Mediaset. E nello speciale di Canale 5 per i sessant'anni di Gianni Morandi con una telefonata ha voluto polemizzare ulteriormente con viale Mazzini e lanciare una frecciatina anche alla Tv commerciale, dove ha detto, si troverebbe peggio che in Rai. Tutte dinanzi alle telecamere si sono svolte le lunghe diatribe tra Paolo Bonolis ed Antonio Ricci, il cui botta e risposta, confezionato a puntate, ha reso evidente come oramai il video sia il luogo preposto per esternare e «picconare» l'avversario. Del fenomeno è restato vittima lo stesso Bonolis che, dopo aver acconsentito ad un prolungamento di «Affari tuoi», da gennaio a fine febbraio, ha saputo da Raiuno dell'arrivo di Simona Ventura al suo posto con il preserale «Le tre scimmiette». Tale susseguirsi di esternazioni nasconde qualcosa di più sottile: la necessità da parte dei due competitori televisivi di conquistare quanto più pubblico possibile ha imposto la trasformazione del piccolo schermo in una sorta di Hyde park. Perché la rissa, il litigio, la baruffa, le discussioni sopra le righe, le esternazioni ambigue e maligne, veritiere o costruite ad arte, soprattutto se rivolte a colleghi famosi, sono foriere di grandi audience, come i reality show hanno ampiamente dimostrato. E la moda si è trasferita anche in altri settori del piccolo schermo, quali l'intrattenimento ed il varietà. Il padre di tutte le esternazioni, colui che ha dato inizio alla tendenza, non prevedendo certo la degenerazione seguitane, è stato Pippo Baudo. In quel lontano sei gennaio del 1987, il conduttore, concludendo il programma che presentava, polemizzò in diretta con l'allora potente capo di viale Mazzini, Enrico Manca, accusandolo in diretta di aver etichettato i suoi programmi come «nazional-popolari». Qualche mese dopo Baudo volò tra le braccia di Mediaset. Trascorrono due anni ed arriva l'esternazione di Vittorio Sgarbi che, durante una puntata del «Maurizio Costanzo show» rivolse improperi ad una povera insegnante colpevole di aver scritto un libro di poesie non gradite al critico. Fu il trampolino di lancio per uno Sgarbi allora sconosciuto.

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