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A quel Gergiev non piacciono calde

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L'affermazione può parere provocatoria ove si ponga mente al profluvio d'applausi che ha accolto la performance dei russi, nell'àmbito del «Russkij Festival» al Parco della Musica. Diremo pertanto che non è possibile stabilire, neppure stavolta, se il giudizio negativo sia frutto del critico maldestro, insufficiente nelle proprie capacità analitiche, o dello stesso critico occasionalmente maldisposto, in preda ad un attacco d'insensibilità, o dell'acustica non perfetta della Sala Santa Cecilia, o, d'una reale, oggettiva modestia dell'interpretazione musicale del maestro di cui qui si tratta. In programma un saggio di musica russa del tardo Ottocento: la Suite sinfonica «Shéhérazade» di Rimskij-Korsakov e la «Sinfonia n.4 in fa minore op.36» di Cajkovskij: pagine celebri, che scaldano i cuori gonfî e fanno volare l'immaginazione dei sentimentali: ascoltate in tutte le salse interpretative con tutti i direttori e con tutte le orchestre: grandi e piccine. Terreno facile per l'adesione totale ed acritica delle piú larghe platee a dette composizioni, ma anche periglioso per gli innumeri riferimenti interpretativi cui l'intenditore può far riferimento nel corso dell'ascolto. Vuoi in Rachmaninov vuoi in Cajkovskij, Gergiev ha fatto suonare la sua orchestra in maniera fredda e violenta, badando sovr'a tutto a facili effetti esteriori, quasi intendesse occultare sotto un clamoroso manto di clangori incendiarî una melanconica penuria di stimoli e d'ispirazioni. Di «Shéhérazade» una lettura scolastica, rigida e troppo scandita, ancorché giovatasi della bravura dei professori d'orchestra. È venuta meno, oltre alla morbidezza del fraseggio, l'indispensabile messe di chiaroscuri e di nuances che impregnano la sensualissima e molla partitura, cui noi avremmo applicato un poco di fondo tinta orientaleggiante, un'inticchia di fard favolistico. Peggio con la «Quarta» cajkovskijana, letta in cifre sommarie, con molesti squilibri fra le sezioni strumentali. Impalata dalla bacchetta su una serqua di enfasi e di fanfaronate sonore, l'opera è stata vieppiú incarognita nel madornale «Finale», già di per sé volgarissimo, e trasformato qui in pascolo per palati rozzi. E. Cav.

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