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Tra arte e alchimia l'inedito Raffaello scoperto a Londra

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che lo ha scoperto a Londra, mentre sfogliava un plico di disegni italiani trovato in un'abitazione londinese. Premessa la necessaria prudenza quando si debbono giudicare con mezzi indiretti disegni e quadri, anche antichi, questa diviene imprescindibile quando si voglia scomodare un'attribuzione a Raffaello. Lo schizzo a sanguigna su carta bianca, mm 114 X 93 (centinato) raffigurante nel verso A: una Testa di bambino (foto) e, nel verso B uno Studio per un vaso portaincenso a penna e inchiostro bruno (e altri segni di sanguigna) non è un «unicum» nel contesto della grafica raffaellesca, in quanto l'artista ha fatto sovente ricorso a questo tipo di tecnica a gesso e terracotta, talvolta acquarellandola. Stesso discorso vale per le tracce di «stilo» (come detto dalla esperta di Sotheby's): in realtà si tratta di mina d'argento il cui segno derivava dalla reazione con la preparazione della carta (il confine tra arte e alchimia era all'epoca molto labile). E non è pertanto necessario il precedente degli esempi di Leonardo. Anche per la cronologia, al di là della pala Anzidei, la datazione al 1505 riferita dalla Romalli mi parrebbe un po' anticipata, pertanto, pur riferendo il frammento al soggiorno fiorentino dell'artista, l'inserirei in anni limitrofi, tra il 1506 (Madonna detta del Belvedere, Vienna Kunsthistorisches Museum) - con studi «dal vero» affini, in punta d'argento - e il 1508 (Sacra Famiglia, detta Canigiani, Monaco, Alte Pinakothek), data cui sono riconducibili altri due «bambini», ma, stavolta, a gesso.

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