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La noblesse ad ogni costo portò solo noia

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E Grace Kelly, che desiderò una corona fin da bambina, doveva essere fuori di testa per accettare il ruolo di principessa in un Principato da operetta. Il suo guaio, è che amava apparire più che essere; e la mondanità più che la saggezza. Se solo avesse letto il poeta Shelley! («I principi sono come le stelle: sorgono e tramontano, il mondo li venera, ma non hanno mai quiete».) Ma Grace era come il vento di un famoso romanzo: «non sapeva leggere». Quando la incontrai a New York, dopo la prima del suo film «Una finestra sul cortile», eravamo sul roof garden del Waldorf Astoria. Lei era gloriosamente scortata dal regista Alfred Hitchcock e da un fascinoso, elegante Cary Grant. Cary le offrì un calice di champagne, con il quale lei si bagnò appena le labbra. Era bella e statica, ma infinitamente triste: una bambola di maiolica con un velo di glassa. Già correva voce, negli ambienti di Hollywood e nelle redazioni dei giornali, che la carriera cinematografica di Grace sarebbe stata breve, perché un principe europeo le faceva da tempo la corte. Il nome di Ranieri di Monaco non era l'unico pretendente; anzi, a dar retta ai salotti, lo si riteneva il meno ambito. Ma intanto Grace nuotava estatica dentro quel mare di immaginaria regalità, e tutto le doveva sembrare piccolo o meschino di fronte al suo radioso avvenire. Proprio per questo il suo viso di bambola era velato da una impercettibile noia; come se dicesse: ma io perché perdo il mio tempo con questi "commoner", con questa plebe snob, ma non nobile? Si sa da che il grande Hitchcock tentò in mille modi di dissuadere la sua pupilla dal salto nel buio della vecchia Europa. «Sono troni di cartone - le diceva - tra qualche tempo ti stancherai di quelle stupide cerimonie di corte, e ti mancherà il set, ti mancherà Beverly Hills, avrai una terribile nostalgia di quella fabbrica di sogni che è Hollywood, dove tu sei il diamante più prezioso». Grace sorrideva a modo suo, Gioconda di celluloide, come se volesse tenere il piede in due staffe. Ma la sua smodata ambizione non le dava tregua, e la spingeva verso quel miraggio che a molti americani dà alla testa: vivere in un castello millenario, respirare la gloria (e la polvere) della Storia. Tutto questo Grace Kelly riuscì ad averlo, per poi scoprire che la felicità non era fuori di lei, ma avrebbe dovuto cercarla dentro il suo stesso cuore. Ora sappiamo che la reggia di Monaco, che tanto aveva fatto per conquistare, le era diventata stretta e odiosa. E che avrebbe voluto tornare nella Fabbrica dei Sogni dalla quale era imprudentemente fuggita. Purtroppo il Principe non glielo consentì: o meglio, le disse che lasciando la reggia avrebbe perduto i suoi figli. Raccontano che Hitchcock non perdonò mai a Grace la ricerca della "noblesse ad ogni costo". E un giorno si vendicò del tradimento di lei, con questo malizioso giudizio: «Grace è una Venere di ghiaccio; però nessun ghiaccio è mai stato più fotogenico».

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