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di MARINA CEPEDA FUENTES «IL MANGIATORE di fagioli» è il titolo di un dipinto di Annibale ...

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Il quadro, che si può ammirare alla Galleria Colonna di Roma, ci dà un'idea di quanto fossero popolari alla fine del Cinquecento i saporiti legumi della varietà dei faseolus vulgaris arrivata dall'America insieme con molti altri alimenti che avrebbero rivoluzionato le usanze gastronomiche dell'Europa: si pensi soltanto alla patata, al pomodoro, al mais, al cocomero, al peperoncino, al tacchino. A proposito di quest'ultimo, nel quadro di Vincenzo Campi «Natura morta con volatili» della fine del Cinquecento, che oggi si trova alla pinacoteca milanese di Brera, una donna spenna un grosso tacchino: è forse il primo dipinto italiano dove appare il pennuto giunto dal Nuovo Mondo. Ma anche il cocomero è già raffigurato nella prima metà del Seicento: nella splendida natura morta del napoletano Luca Forte il rosso frutto troneggia fra l'uva, i fichi, le mele, dimostrando che già allora faceva parte dei prodotti più comuni in Italia. Quanto ai pomodori non furono ritenuti commestibili fino al Settecento, quando nel 1705 padre Gaudentio, un frate-gastronomo d'origine toscanaa che ci ha tramandato tante buone ricette nel suo libro «Il panunto toscano» prevedeva l'aggiunta nella minestra di melanzane della salsa di pomodoro. D'altronde si deve al settecentesco pittore di Rimini, Nicola Levoli, la realistica rappresentazione in «Natura morta con pesci sulla griglia» dei pomodori crudi. Da un attento studio di molti dipinti, affreschi, quadri, si può infatti risalire all'origine e alla diffusione di un determinato prodotto alimentare, come lo si può percepire nell'elegante volumetto illustrato «La pittura in cucina», della Sellerio editore di Palermo, dove uno storico dell'arte, una cuoca e una giornalista di culinaria, rispettivamente, Luca Mariani dell'università Lateranense, Agata Parisella chef e gestore di un celebre ristorante romano e Giovanna Trapani programmista Rai (ed. Sellerio, 195 pagine, 9 euro) analizzano 37 nature morte di ogni Paese, fra il Cinquecento e il Settecento, dal punto di vista simbolico e gastronomico. Per ogni quadro c'è una descrizione particolareggiata, con i suoi simboli e allegorie, abbinata a una ricetta con gli ingredienti raffigurati. L'insieme costituisce una piacevole lettura grazie alla quale si può anche riflettere sull'importanza nella storia della gastronomia dei dipinti: molte volte proprio grazie a loro si sono potute avere notizie sull'alimentazione in alcuni periodi storici; basti pensare alle primitive incisione sulle rocce di animali e piante, agli «xenia» del III secolo a. C. con piatti di cibarie per gli ospiti; agli affreschi con frutti e pesci di Pompei, a quelli delle Catacombe con vivande simboliche per il culto dei defunti e così via fino alle rappresentazioni medioevali delle stagioni e quelle di banchetti celebrativi e alle pi? moderne nature morte.

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